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Pene amputato, ma il tumore non c’è: il paziente chiede i danni

L’operazione non era da fare perché il paziente non era affetto da tumore ma da una forma di sifilide curabile con farmaci. L’intervento risale al 2018. Ora un 68enne aspetta la decisione del giudice. Solo l’ultimo dei casi di presunti errori medici

Gli esami istologici sono arrivati solo dopo l’operazione che, a quel punto, si è rivelata non necessaria. Un uomo aveva però già subito l’amputazione del pene e ora chiede i danni. L’operazione non era da fare perché il paziente non era affetto da tumore ma da una forma di sifilide curabile con farmaci. L’intervento risale al 2018 e ora, come riporta il Corriere di Arezzo, il giudice dell’udienza preliminare Claudio Lara deve valutare il rinvio a giudizio di un urologo dell’ospedale cittadino San Donato.

Il paziente, che ora ha 68 anni, chiede di essere risarcito per l’intervento deciso dopo una diagnosi di sospetta patologia tumorale al pene. Secondo i legali dell’uomo gli esami istologici furono tardivi. Il medico è imputato per lesioni gravissime. Il pm Laura Taddei aveva concluso in un primo tempo per l’archiviazione ma gli avvocati del paziente si sono opposti dal gip e dopo l’udienza tenuta a fine 2022 il giudice Giulia Soldini ha optato per l’imputazione coatta del medico.

Non è il primo caso di presunto errore medico di cui si parla nelle cronache di questi giorni. Anche Anna Leonori, di Terni, ha subito l’amputazione di gambe e braccia per un’infezione legata ad un tumore che non c’era. Ha portato in tribunale l’ospedale Santa Maria di Terni, il Regina Elena di Roma e l’Ausl Romagna. Il caso risale al 2014, la diagnosi di un tumore maligno richiedeva un intervento invasivo. L’operazione a Roma con asportazione di utero, ovaie, 40 linfonodi e la vescica. L’esame istologico dà però esito negativo, non era tumore.

Seguono 4 anni di infezioni, febbre, dolori. Il 7 ottobre 2017 il ricovero per una peritonite acuta generalizzata causata dalla perforazione della vescica. Dopo un mese e mezzo di coma le vengono amputate gambe e braccia. In una intervista al Messaggero ha raccontato la sua storia. «Le costosissime protesi acquistate grazie alle raccolte fondi di associazioni di volontariato e privati mi hanno cambiato la vita. So bene che non avrò mai più l’autonomia ma mi hanno restituito un minimo di dignità nella vita di tutti i giorni. La quotidianità è fatta di tante cose, alcune non potrò farle mai più da sola, altre grazie alle protesi sì». Le ha avute grazie anche all’aiuto di Bebe Vio.

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