Legge sul “consenso minuto per minuto”: l’Italia scopre la burocrazia anche nell’intimità
Legge sul consenso - Fonte:archivio interno
La nuova legge sul consenso riaccende il dibattito in Italia: tra tutela, burocrazia e timori di un controllo eccessivo nelle relazioni quotidiane.

L’Italia ce l’ha fatta: dopo anni di dibattiti, rinvii, promesse e improvvisi slanci di indignazione collettiva, è arrivata la nuova legge sul consenso, ribattezzata sui social come legge del “consenso minuto per minuto”. Un nome che, di per sé, fa già discutere: sembra la versione istituzionale di quelle app che ti ricordano di bere acqua ogni due ore. Solo che qui non si parla di idratazione, ma di rapporti tra persone.
La posta in gioco è seria: rafforzare gli strumenti contro la violenza sessuale.
Il problema è il contorno. E l’Italia, come sempre, nel contorno dà il meglio di sé.
Cos’è la legge del “consenso minuto per minuto”?
Semplificando: non basta più un “sì”. Serve un “sì” continuo, verificabile e rinnovato. In pratica, non un semaforo, ma una centrale operativa del traffico.
Va bene, tutto giusto: il consenso deve essere libero, chiaro, costante.
Però qualcuno, là fuori, ha tradotto la norma in:
“Ricordati di esistere e confermare ogni 60 secondi, tipo abbonamento Netflix che sta per scadere”.
Naturalmente non è così nella realtà della legge. Ma se tutto il Paese ne parla in questi termini, un motivo c’è: la comunicazione istituzionale, come al solito, ha fallito.
Il rischio dell’Italia delle interpretazioni
Perché noi siamo il Paese dove ogni norma vive due vite:
- Quella scritta, fatta di articoli, commi e sottocommi.
- Quella applicata, fatta di “mio cugino mi ha detto che…”.
E in mezzo c’è la versione social, dove il “consenso minuto per minuto” è già diventato:
• il nuovo meme dell’anno;
• il pretesto per discussioni infinite tra chi urla “Finalmente!” e chi replica “Così rovinate tutto”;
• l’ennesima battaglia ideologica dove si parla di tutto tranne che del problema vero.
Ma serve davvero questa legge?
Sì.
L’Italia aveva — e ha — enormi buchi normativi nella tutela delle vittime.
La violenza sessuale non può essere nemmeno lontanamente un terreno di ambiguità.
Il punto è che, come spesso accade, si rischia di creare una narrativa ridicola intorno a un tema tragico.
E quando la norma sembra una barzelletta, la società smette di prenderla sul serio.
L’ironia che nasconde la paura
Sul web circolano già esempi surreali:
• “Amore, mi ami?”
“Sì.”
“Perfetto, ora puoi anche confermare per iscritto, con marca da bollo?”
• “Alexa, registra che ho detto sì quattro secondi fa.”
• “Ho installato Google Calendar per ricordarmi i rinnovi di consenso ogni 45 minuti.”
È ironia, certo. Ma l’ironia dice molto: siamo un Paese terrorizzato dalla propria burocrazia, al punto da immaginare una liberatoria anche per baciarsi.
Il vero punto che la politica continua a ignorare
Non è il “minuto per minuto”.
Non è la “complicazione della vita sentimentale”.
Non è il timore di dover fare un video-selfie in stile dichiarazione di GDPR.
Il vero punto è uno solo:
in Italia manca ancora una cultura del consenso.
E finché questa mancherà, nessuna legge sarà perfetta.
Né questa, né quella precedente, né quella che verrà.
Cosa succederà adesso
Succederà che:
• i giornali parleranno solo del titolo, non del contenuto;
• i social produrranno montagne di ironia e indignazione;
• la politica userà la legge per fare campagna elettorale;
• qualcuno si sentirà finalmente più tutelato;
• qualcuno si sentirà più confuso di prima.
Nel frattempo, la domanda vera resta inevasa:
riuscirà questa legge a farci parlare seriamente di violenza, rispetto e consenso?
Oppure anche questa, come tante, finirà archiviata sotto la categoria “Buona intenzione, pessima comunicazione”?
La legge contro la violenza è necessaria, sacrosanta, urgente.
La discussione intorno a questa versione è, invece, il perfetto esempio di come in Italia riusciamo a trasformare ogni tema serio in una farsa — e ogni farsa in una guerra di opinioni.
È qui che dovremmo intervenire: nella cultura, nella comunicazione, nel rispetto.
Non nel cronometro.

