Non possiamo permetterci di tornare a casa”: l’appello di Arianna studentessa siciliana

Ogni Natale la stessa scena si ripete, identica e crudele. Studenti e lavoratori fuorisede davanti a...

A Sinistra Arianna Castronovo Studentessa, a destra la stazione di bologna

Ogni Natale la stessa scena si ripete, identica e crudele. Studenti e lavoratori fuorisede davanti a uno schermo, a ricaricare pagine di voli e treni, sperando in un prezzo umano. Puntualmente delusi. Biglietti che schizzano a 300, 400, 600 euro. Una scelta che non è più tra date o orari, ma tra tornare a casa o rinunciare agli affetti.
È da qui che parte la denuncia di Arianna Castronovo, 24 anni, studentessa siciliana fuorisede a Bologna, coordinatrice Sig-Sisp Studenti Indipendenti e componente del Senato accademico dell’Università di Bologna. Una voce giovane, ma già stanca di dover spiegare l’ovvio: poter viaggiare fa parte del diritto allo studio.

«Il problema non è solo quanto costa il biglietto – spiega Arianna – ma il messaggio che passa: se sei del Sud, se sei fuorisede, se non hai soldi, tornare a casa diventa opzionale».
Una normalità distorta che nessuno sembra voler davvero correggere.

Arianna, lei riuscirà a tornare a casa per Natale?
«Sì, ma solo perché posso permettermi di essere flessibile. Ho anticipato la partenza al 19 dicembre, evitando i giorni più cari. Ma molti lavoratori non possono farlo. Loro sono obbligati a partire nei giorni “di fuoco” e a pagare cifre indecenti».

Quanto ha speso per il suo viaggio?
«Circa 300 euro per tornare a Siracusa, tra volo e spostamenti. Non sono pochi, e parliamo della settimana prima di Natale, non del 24 o del 25. È una cifra che pesa, soprattutto per chi vive già con poco».

Qui il tema smette di essere individuale e diventa politico. Perché se ogni anno milioni di persone vivono lo stesso problema, non è un’emergenza: è un sistema che funziona male. O forse funziona benissimo per qualcuno.

«Le compagnie fanno cassa sul bisogno delle persone di tornare a casa – accusa Arianna – e la politica guarda altrove. Ogni anno il tema torna sui giornali, ogni anno si promette attenzione, ogni anno non cambia nulla».

Negli ultimi tempi alcune Regioni hanno introdotto rimborsi parziali, dal 15 al 50%. Ma per Arianna non basta.
«Sono toppe. Perché il rimborso arriva dopo, e intanto tu devi anticipare 500 o 600 euro. Se non li hai, non parti. È una selezione economica mascherata».

La morale è semplice, quasi brutale: in Italia la mobilità è un diritto solo finché puoi permettertela.
Chi studia o lavora lontano da casa viene raccontato come “privilegiato”, ma poi è lasciato solo davanti a un mercato che non conosce limiti né pudore.

«Il ritorno a casa – conclude Arianna – non è un regalo, non è una concessione. È parte del diritto allo studio, della dignità delle persone. Ma oggi questo diritto vale solo fino a un certo punto dello Stivale».

E allora la domanda diventa inevitabile, e scomoda: quanto vale davvero, per questo Paese, il futuro dei suoi giovani, se persino tornare a casa a Natale diventa un lusso da ricchi?(Fonte)

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