Vi riportiamo un’interessantissima intervista di OPEN al direttore delle Malattie infettive del Garibaldi di Catania che denuncia la totale mancanza di rispetto delle regole da parte dei cittadini
La Sicilia è passata da essere una regione virtuosa a regione con l’indice Rt (indice di trasmissibilità della malattia, ndr) più alto d’Italia. La Sicilia riesce nell’impresa impossibile di far peggio di Lombardia e Veneto: un indice di 1,62 a fronte di una media nazionale di 1,01. Cosa sta succedendo? Come mai i casi sono schizzati così in alto in poche settimane (ieri +27 contagiati)? «Si è passati da un’osservanza rigida delle regole a un clima di totale menefreghismo dove il Coronavirus viene considerato meno di una banale influenza.
Mi aspettavo un azzeramento dei casi in estate, le condizioni c’erano tutte. E, invece, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Le colpe? Diffuse. Dai tecnici, secondo cui la carica virale del virus sarebbe inferiore (il riferimento, nemmeno troppo velato, è al professor Alberto Zangrillo, ndr), alla stanchezza post lockdown dei cittadini, specialmente dei giovani, fino all’arrivo di turisti da aree geografiche a rischio». A parlare a Open è Bruno Cacopardo, direttore dell’Unità operativa Malattie infettive del Garibaldi di Catania e (ormai ex) membro del Comitato tecnico scientifico istituito dalla Regione Siciliana.
«Io, ad esempio, vengo etichettato come “esagerato” solo perché non voglio dare la mano o baciare le persone che incontro. Mi creda, c’è stato un crollo del rispetto delle misure, e questo mi preoccupa. Noi medici, per mesi, siamo stati in trincea, abbiamo subito uno stress pesantissimo e ora l’idea di tornare sul campo di battaglia per la strafottenza di qualcuno, mi irrita non poco». E il riferimento è anche a un’intervista diventata virale, in cui una donna, in spiaggia a Mondello, dice «Non ce n’è Covid»: «Ecco, queste parole mi fanno irritare. Il virus circola ancora, eccome. E sa perché abbiamo meno ricoverati? Semplicemente perché il Covid-19 si sta trasmettendo tra i giovani che si ammalano meno rispetto agli anziani o alle categorie più a rischio. Adesso, però, bisognerebbe chiudere quei locali, quelle strutture dove gli assembramenti sono incorreggibili, penso alle discoteche. Sulle spiagge, invece, servirebbero controlli a tappeto. Ma resto contrario a una chiusura totale».
Alcuni siciliani sembrano aver dimenticato le buone abitudini: altro che distanziamento sociale, altro che mascherine e gel per le mani. «Qui sembra che tutto sia finito, che in Sicilia il problema non ci sia mai stato e che non c’è motivo di preoccuparsi. C’è un vero e proprio clima di rilassatezza, specialmente in alcune zone della Sicilia» spiega riferendosi a Ragusa e Catania, meno a Palermo che si è dimostrata «più attenta». Dal focolaio della comunità evangelica a quello di Sampieri (nel Ragusano) fino al giovane che aveva preso parte a una serata in discoteca alla Playa di Catania.
Insomma, «per il 50% è colpa degli autoctoni»: «I giovani, invece, hanno rispettato alla perfezione le misure imposte dal governo durante il lockdown, poi dopo se ne sono fregati, complice forse la stanchezza». E i migranti? «Vengono tutti sottoposti a tampone, sono tracciati negli spostamenti e non entrano a contatto con la popolazione locale. Dunque c’è un’incidenza di rischio dieci volte più bassa di quella degli autoctoni».
Nell’ospedale in cui lavora, però, sono 18 i ricoverati di cui 5 severi e 3 in rianimazione: «C’è un numero crescente di casi, non possiamo negarlo, ma al momento è tutto sotto controllo. Abbiamo anche un soggetto giovane con una polmonite interstiziale. Insomma guai ad abbassare la guardia». Nei prossimi mesi – conclude – «mi aspetto una circolazione lenta e graduale del virus con pochi casi gravi e tanti asintomatici in isolamento domiciliare».
A essere preoccupato è soprattutto il governatore siciliano Nello Musumeci: «Saranno i numeri che ci diranno se dobbiamo chiudere di nuovo tutto». «Ho lanciato un appello 15 giorni fa – ha aggiunto – mi pare che questo appello non sia stato raccolto e quindi non escludo che ci possano essere misure ulteriormente restrittive». «Basta fare finta di nulla. Saremo costretti altrimenti a misure di contenimento. Occorre rispettare regole basilari» ha concluso l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza.
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