Lettera da una Sicilia stanca: così perdiamo fiducia nella sanità pubblica

Non è un’inchiesta, non è un comunicato politico.È una lettera, una delle tante che arrivano ogni...

Non è un’inchiesta, non è un comunicato politico.
È una lettera, una delle tante che arrivano ogni giorno da cittadini siciliani stanchi, delusi, arrabbiati.
La pubblichiamo perché racconta una realtà che scandalizza l’opinione pubblica isolana: la difficoltà crescente di curarsi nella propria terra, senza sentirsi un peso o un numero.

Il testo che segue è una testimonianza diretta. Le parole sono dure, ma il tema riguarda tutti.

La lettera del lettore

Mi chiamo Salvatore, ho 52 anni e vivo in Sicilia da sempre.
Scrivo non per polemica, ma per stanchezza. Perché quando la salute diventa un percorso a ostacoli, qualcosa si è rotto.

Qualche mese fa mi è stato prescritto un esame diagnostico urgente. “Urgente”, così c’era scritto. Ho chiamato, prenotato, insistito. La prima data disponibile? Dopo cinque mesi. Cinque.
Nel frattempo, nessuno ti spiega cosa fare, nessuno ti accompagna, nessuno ti rassicura. Ti dicono solo: “Se vuole, può andare nel privato”.

E allora capisci che la sanità pubblica esiste solo se puoi permettertela due volte: con le tasse e con il portafoglio.

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Quando la sanità diventa una questione di fortuna

Ho visto anziani rinunciare alle cure perché “non possono aspettare” o “non possono pagare”.
Ho visto famiglie organizzare collette per portare un parente fuori regione.
Ho visto medici stanchi, infermieri allo stremo, reparti che fanno miracoli senza mezzi.

Eppure, ogni anno, ascoltiamo promesse: potenziamenti, assunzioni, riforme.
Poi torni a casa con un foglio in mano e una data lontanissima sul calendario.

Questa non è solo inefficienza. È una ferita sociale.

Il vero scandalo: abituarsi

La cosa che mi spaventa di più non è la lista d’attesa.
È che ci stiamo abituando.

Ci abituiamo a dire “è così”,
ci abituiamo a ringraziare se qualcuno “ci fa un favore”,
ci abituiamo a sentirci colpevoli per chiedere un diritto.

E intanto perdiamo fiducia: nelle istituzioni, nella politica, nello Stato.
Perché quando la sanità non funziona, tutto il resto diventa secondario.

Una Sicilia che non chiede privilegi, ma rispetto

Non chiedo miracoli.
Chiedo regole chiare, tempi certi, dignità.
Chiedo che curarsi in Sicilia non sia un atto di coraggio.

La sanità non è un favore. È un patto.
E oggi, per troppi siciliani, quel patto sembra tradito.

Scrivo perché non voglio più sentirmi dire che “qui è normale”.
Perché non lo è.
E perché il silenzio, più di ogni lista d’attesa, è ciò che ci sta facendo più male.

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