Il 26 luglio del 1992, una giovane ragazza di neanche diciotto anni scelse con la morte di ribellarsi ai continui soprusi mafiosi e di dare testimonianza perenne della volontà di riscatto di un intero popolo. Il suo nome è Rita Atria.
Rita Atria nasce a Partanna, in provincia di Trapani, nel 1974, da Vito e Giovanna Cannova. Il padre, pastore e proprietario di sette ettari coltivati, apparteneva ad una delle più importanti cosche mafiose del trapanese, portando con sé anche il figlio maggiore, Nicola.
Nel 1985, Vito viene ucciso per un regolamento di conti. Il primogenito inizia a meditare vendetta cercando di scovare il killer del padre ma pochi anni dopo, nel 1991, verrà ucciso anche lui: aveva soltanto ventisette anni. Piera Aiello, vedova di Nicola, presente all’assassinio del marito, denuncia i due sicari decidendo di collaborare con la giustizia: una donna che decide di voltare le spalle alla legge dell’omertà.
Rita, “A picciridda”, vuole seguire l’esempio della cognata. Così, si presenta in gran segreto a Marsala dinnanzi al Procuratore Paolo Borsellino, rivelandogli tutti i segreti della cosca cui appartenevano il padre e il fratello. Da qui inizia una fitta collaborazione con Borsellino, o come lo chiamava lei “zio Paolo”, al quale Rita non può fare a meno di affezionarsi, sentendosi per la prima volta al sicuro. Le sue dichiarazioni porteranno all’arresto di decine di mafiosi delle cosche di Partanna, Sciacca e Marsala. Ma è da quel momento che inizia l’incubo.
In seguito agli arresti, la voce gira in paese e Rita è continuo bersaglio di offese e minacce. Anche la madre si schiera contro di lei: era un grave disonore mantenere legami con chi ha rotto il muro dell’omertà. Così, come la cognata Piera, anche la ragazza viene trasferita a Roma sotto protezione in una località segreta.
Anche lontana dalla sua amara terra, Rita consegna ad un diario le considerazioni sulla sua famiglia e su quel giudice, un secondo padre, che ha cresciuto in lei il senso di giustizia e la speranza che nuove generazioni possano liberarsi alla mafia. “Bisogna rendere coscienti i ragazzi che vivono nella mafia che al di fuori c’è un altro mondo, fatto di cose semplici ma belle, di purezza, un mondo dove sei trattato per ciò che sei, non perché sei figlio di quello o perché hai pagato per farti fare quel favore. Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare? Se ognuno di noi prova a cambiare forse ce la faremo”. Così scriveva Rita in una delle sue pagine.
Ma il fuoco della speranza di Rita si fa affievolisce dopo la strage di Capaci, con l’uccisione del giudice Giovanni Falcone, per poi spegnersi del tutto il 19 luglio 1992 con l’assassinio del “suo” giudice Paolo Borsellino. “Quelle bombe in un secondo spazzarono via il mio sogno, perché uccisero coloro che, col loro esempio di coraggio, rappresentavano la speranza di un mondo nuovo, pulito, onesto. Ora tutto è finito”.
Non vedendo più alcun futuro e sentendosi terribilmente da sola, il 26 luglio dello stesso anno, esattamente una settimana dopo la morte di Borsellino e degli agenti della sua scorta, Rita decide di togliersi la vita gettandosi dal quinto piano del palazzo dove l’aveva nascosta la polizia, in Via Amelia. Non aveva neanche 18 anni. “Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”. Le vite di Paolo e Rita ancora legate, entrambi uccisi dalla mafia.
Al funerale di Rita, celebrato a Partanna, non partecipano né la madre né gli abitanti del paese. Nessuno vuole essere accostato a quella ragazza che con tanto coraggio e fatica aveva deciso di ribellarsi alla mafia. Per lungo tempo, la memoria di Rita non riuscì a trovare pace. Persino la madre la ripudiò a tal punto da prendere a martellate la sua lapide.
“Oggi di Rita restano le toccanti pagine del suo diario, il suo ostinato coraggio, il suo orgoglio, la curiosità e il sorriso con cui ha cercato di cambiare il mondo.” Così il Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, ha voluto ricordato Rita Atria, per sempre simbolo della lotta alla mafia e della volontà di riscatto.
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