MEDICO DI BASE A PAGAMENTO: Addio alle visite gratuite | Anche per un semplice raffreddore devi aprire il portafoglio

Puoi dire addio alle visite gratuite, adesso il medico di base diventa a pagamento, sembrava una possibilità remota e invece adesso anche per il raffreddore si paga.
Quella che fino a poco tempo fa sembrava un’ipotesi remota, oggi sta prendendo forma con contorni sempre più nitidi: anche per andare dal medico di base si dovrà mettere mano al portafoglio.
Non si tratterà più di un semplice controllo gratuito: ogni consulto, anche per una banale influenza o un mal di gola, comporterà un costo. Una trasformazione netta rispetto al servizio sanitario che abbiamo conosciuto finora.
Una visita per un colpo di tosse, un tempo risolta con una telefonata al dottore, rischia di diventare un lusso riservato a chi potrà permetterselo, lasciando indietro chi ha meno possibilità economiche.
Le categorie più fragili – anziani, persone con patologie croniche, cittadini a basso reddito – rischiano di non riuscire a sostenere queste nuove spese, mettendo a repentaglio la propria salute per motivi puramente economici.
Ciò che dovrebbe essere un diritto universale – il diritto alla salute – rischia di trasformarsi in un servizio selettivo, accessibile solo a chi può pagare. Il rischio è una spaccatura sociale difficile da sanare.
Nessuna alternativa: la visita si paga
Tra i nodi più controversi c’è quello legato ai rimborsi delle spese sanitarie, in particolare per quanto riguarda le consulenze medico-legali. Un episodio recente ha messo in luce una lettura rigida delle norme fiscali, scatenando preoccupazioni tra i cittadini. Il caso in questione riguarda l’onorario di un medico legale, chiamato in causa per accertamenti su decessi o condizioni post-mortem. Nonostante si tratti chiaramente di una spesa medica, l’Agenzia delle Entrate ha negato la possibilità di detrarla se la fattura è intestata al Tribunale.
Una simile interpretazione, tutta formale, sta creando un precedente preoccupante. Infatti, secondo questa logica, il fatto che la fattura non sia intestata direttamente al cittadino – anche se è lui ad aver effettuato il pagamento – esclude la possibilità di richiedere il rimborso. Nemmeno una ricevuta di pagamento è sufficiente a far valere il diritto alla detrazione. Ciò comporta un ulteriore aggravio economico per i cittadini, che si trovano a dover affrontare costi spesso elevati senza alcun beneficio fiscale. Il timore è che questa rigidità interpretativa possa estendersi ad altri ambiti della sanità, rendendo i rimborsi sempre più rari.
Un campanello d’allarme
Le detrazioni Irpef rappresentano un’agevolazione importante per chi affronta spese sanitarie. Tuttavia, interpretazioni così restrittive rischiano di vanificare questa possibilità, come dimostrato dal recente caso legato alla consulenza medico-legale.
Per questo motivo è fondamentale che i cittadini siano ben informati su come gestire pagamenti e intestazioni delle fatture sanitarie. Una disattenzione burocratica può significare la perdita di un rimborso importante. Un’informazione chiara e trasparente su questi aspetti diventa quindi uno strumento essenziale per tutelare i propri diritti.