UNIPA “Concorso già fatto”: perché i concorsi pilotati uccidono il futuro dei giovani siciliani

Guardate bene questa immagine: aula vuota, bando di concorso con il timbro “GIÀ DECISO”. È la...

Guardate bene questa immagine: aula vuota, bando di concorso con il timbro “GIÀ DECISO”. È la fotografia di quello che succede troppo spesso: concorsi pilotati, posti cuciti su misura, denunce archiviate, abuso d’ufficio abolito.E poi abbiamo il coraggio di dire ai giovani siciliani: “studia, impegnati, il merito paga”.

«Questo concorso era già fatto?».
«La persona l’ha trovata lei, l’avevano già concordato…».

Basterebbero queste frasi, intercettate e portate in Procura dal professore Giuseppe Leone, per descrivere un sistema malato. Non un sospetto generico, ma la sensazione concreta che un concorso universitario del 2017 all’Università di Palermo fosse, di fatto, un concorso pilotato. Un copione scritto prima ancora che il bando uscisse.

Eppure, nonostante le denunce, le registrazioni, gli esposti, la storia finisce con un decreto di archiviazione. Anzi, con due archiviazioni. La prima qualche anno fa, la seconda nel 2025. Nel frattempo è stata pure abolita la norma che, almeno teoricamente, avrebbe potuto offrire uno strumento in più: l’abuso d’ufficio.

Come si fa, dopo l’ennesimo caso di concorsi pilotati, a chiedere a un giovane siciliano di “credere nel merito”?

Concorsi pilotati e vuoto di legge: il capolavoro del paradosso

Nel decreto di archiviazione c’è una frase che fa gelare il sangue:

«Seppur dalle conversazioni prodotte dal denunciante può ben ritenersi che la scelta di bandire un posto sia stata effettuata con la previsione di favorire […], tuttavia tale opzione non è regolata da alcuna norma di legge ed è rimessa alla discrezionalità dei vertici universitari».

Tradotto senza ipocrisie:
anche se sembra che il concorso sia stato cucito su misura, non esiste una norma che vieti quel tipo di scelta a monte. Non è reato, è “discrezionalità”.

È qui che l’abrogazione dell’abuso d’ufficio diventa una mazzata politica e morale prima ancora che giuridica. Perché insieme alle archiviazioni rimane un messaggio devastante:

se un concorso è “già fatto” prima di iniziare, non è detto che la legge abbia strumenti per intervenire.

I “colletti bianchi” dei concorsi pilotati tirano un sospiro di sollievo. I giovani che studiano e sperano, no.

Il professore che restituisce l’abilitazione: gesto estremo in un sistema blindato

Giuseppe Leone fa quello che molti non hanno il coraggio di fare: denuncia, mette per iscritto, consegna ai finanzieri la registrazione della telefonata, scrive al Governo, insiste. Quando vede che non succede nulla, compie un gesto estremo: restituisce al Ministero l’abilitazione scientifica nazionale in seconda fascia, ottenuta con anni di sacrifici.

Non è una sceneggiata, è un urlo politico:
se il sistema dei concorsi pilotati è intoccabile, io non ci sto.

Eppure anche questo non basta. Arrivano nuove archiviazioni, rafforzate da un contesto normativo peggiorato:

  • l’abuso d’ufficio è stato cancellato dall’ordinamento;
  • la Cassazione restringe ulteriormente il campo della turbativa d’asta, escludendo le procedure di reclutamento dei professori universitari;
  • i magistrati scrivono che non possono applicare il reato di turbata libertà degli incanti ai concorsi accademici.

Morale: il sistema dei concorsi pilotati esce ancora più protetto. Chi denuncia resta esposto, chi si sente penalizzato resta senza tutela.

Giovani siciliani, famiglie e sacrifici: perché indignarsi è il minimo

Qui la domanda non è teorica. È brutale.
Come fa una giovane o un giovane siciliano a non scoraggiarsi?

Si studia in una terra dove:

  • le famiglie fanno sacrifici enormi per far laureare i figli;
  • si ripetono slogan su “merito” e “opportunità”;
  • ma nei fatti i concorsi nelle aziende pubbliche, nelle università, negli enti di ricerca sembrano spesso assediati da logiche di appartenenza, favoritismi, reti di potere.

Quando un decreto di archiviazione ti dice, in sostanza, che anche se un concorso sembra cucito su misura non è detto che sia reato, cosa dovrebbe pensare una generazione che manda curriculum, studia per i test, si prepara ai colloqui?

Indignarsi è il minimo sindacale.

Il resto è rassegnazione: l’idea che “tanto è tutto già deciso” e che il futuro non dipende da quanto vali, ma da chi ti mette il nome su un bando.

Ricercatori e categorie deboli: i primi sacrificabili

Le parole del professore sono un pugno nello stomaco:
«L’abrogazione dell’abuso d’ufficio lascia senza tutele le categorie più deboli della ricerca».

Chi sono queste categorie?

  • assegnisti, dottorandi, ricercatori precari;
  • giovani che vivono per anni su contratti a tempo, borse, incarichi a spezzoni;
  • persone che dovrebbero essere il motore della conoscenza e che invece sono il primo ingranaggio sacrificabile.

Se il sistema dei concorsi pilotati non è aggredibile sul piano penale, resta solo la buona volontà di chi governa gli Atenei. Ma quando la discrezionalità diventa uno scudo, la linea tra autonomia e abuso di potere si assottiglia pericolosamente.

Come si può ancora parlare di futuro?

C’è una frase che ogni tanto si sente nei discorsi pubblici:
“Dobbiamo dare ai giovani siciliani la possibilità di restare”.

Perfetto. Ma come si può avere fiducia nel futuro se:

  • i concorsi pilotati non trovano più un argine giuridico efficace;
  • la denuncia di un docente non produce un cambio di regole, ma solo una pratica archiviata;
  • chi prova a sollevare il problema si sente ancora più debole dopo l’abrogazione dell’abuso d’ufficio?

Un giovane siciliano, davanti a questo scenario, vede una sola certezza:
lo Stato non è in grado di garantire che il gioco sia pulito.

E se il gioco non è pulito, perché restare al tavolo?

O si cambia davvero, o è complicità

L’ennesimo caso di concorso pilotato non è una storia “di categoria”, non riguarda solo l’università. È un pezzo del puzzle di un problema più grande: la credibilità delle istituzioni.

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Se la legge non punisce, resta la politica.
Se la politica non interviene, resta l’opinione pubblica.
Se anche l’opinione pubblica si abitua, allora diventa complice.

Chi governa, chi guida Atenei e enti pubblici, oggi ha una responsabilità enorme: introdurre regole, trasparenza, controlli reali, meccanismi che rendano impossibile “scrivere il finale” di un concorso prima che inizi.

Altrimenti i concorsi pilotati resteranno la norma non scritta e i giovani siciliani la variabile sacrificabile.

E a quel punto smettiamola di parlare di “talenti che se ne vanno”:
diciamo la verità fino in fondo.
Li abbiamo accompagnati alla porta noi.

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