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Casa di riposo degli orrori a Palermo, un’anziana: “Quel posto era come l’inferno”

“Stare lì dentro era come stare all’inferno”, è questo il racconto di un’anziana signora che risedieva nella casa di riposo vicino Viale Lazio. La struttura si chiama(va) “i nonnini di Enza”, nome mai così ossimorico.

Proprio da questa signora, che oggi racconta il suo calvario, è partita la denuncia contro 3 badanti e anche la proprietaria della residenza. La donna ha riportato tutto alla guardia di finanza. Addirittura ha raccontato, una volta, di essere stata picchiata da una bottiglia. Dopo quell’incidente ha dovuto convivere con una frattura e diversi traumi.

Il racconto dell’anziana sulla casa di riposo


Il racconto riportato dalle forze dell’ordine è terribile. “Sono stata ospite della casa di riposo per diversi mesi, per me questa è stata un’esperienza terrificante. Durante il mio soggiorno venivo sempre maltrattata sia fisicamente ma soprattutto moralmente. Mi chiamavano continuamente ‘puttana’, offendendomi gratuitamente“.

E poi continua con le brutalità: “Una badante per farmi buttare la sigaretta mi ha picchiato sul braccio sinistro con una bottiglia d’acqua, procurandomi una frattura. Quando sono stata portata al pronto soccorso ho dovuto dire che mi ero fatta male da sola. Carmelina, Maria Grazia e la titolare mi hanno minacciata che se avessi detto la verità una volta tornata a casa mi avrebbero massacrata di botte”.

Poi la signora racconta che le badanti facevano assumere agli anziani dei calmanti senza dirlo: “Mi strattonavano, mi tiravano i capelli, mi picchiavano a calci nelle gambe, tutto per futili motivi. Mi hanno reso la vita impossibile. Una volta mi hanno rinchiusa in una stanza togliendomi il telefono per non farmi fare telefonate alla polizia. Non mi davano i farmaci previsti, non mi hanno mai dato gocce di farmaci per dormire, ma ricordo che quando bevevo l’acqua o altre bibite erano sempre amare e dopo che bevevo mi sentivo stordita“. Una storia che sta sconvolgendo l’Italia intera.


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A proposito dell'autore

Mi chiamo Morana Alessandro, classe 2000, palermitano. “non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”