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Sfaticati e viziati? No, i giovani sono stanchi di essere sfruttati per paghe da fame

Ci risiamo, continuano gli attacchi ai giovani. Un’altra volta con l’etichetta del “non vogliono fare niente. Solo il reddito di cittadinanza. A lavorare mai”. Una narrazione che ormai prosegue e insiste negli ultimi giorni. Ogni imprenditore ma anche ogni istituzione pubblica si sente in diritto di giudicare una fascia d’eta, a cui molte volte vengono proposte mansioni lavorative ai limiti del terzo mondo. I giovani sono stanchi di essere sfruttati.

Da diverse settimane è possibile vedere servizi o interviste dedicati ad imprenditori, che non riescono a trovare lavoratori per la stagione estiva ventura. E si va di stereotipi, come ad esempio quello che i giovani preferiscano vivere con il reddito di cittadinanza.

Tesi da sempre uccisa dai numeri, forniti dall’ufficio parlamentare di bilancio, dato che prima della pandemia solo il 7% dei precettori aveva meno di 30 anni. E solo dopo la pandemia sono incrementati, raggiungendo il 20% (con un +12,8%), che comunque rappresenta solo un quinto di tutti coloro che ricevono il reddito di cittadinanza. Inoltre, dato che in molti casi gli under 30 vivono in nuclei mono componente o con i familiari, la somma percepita trova un abbassamento brusco rispetto ad un precettore che vive con figli minorenni e/o sposato.


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I giovani sono stanchi di essere sfruttati

In successione a tutti questi appelli e opinioni è arrivato anche il ministro al Turismo Massimo Garavaglia, che durante la sua visita in Veneto ha dichiarato che “il turismo c’è tutto” ma “un tema è che si fa fatica a trovare i lavoratori. Bisogna intervenire, soprattutto sui giovani”. 

Tra i più illustri pensieri emersi in merito c’è anche quello di un albergatore, che qualche settimana fa ha ritenuto che i giovani non debbano chiedere nulla su quanto verranno pagati o su quante ore di lavoro dovranno svolgere nei mesi estivi. Ma lo devono sapere a scatola chiusa, come una sorpresa che poi si palesa nella sua integrità.

Su Facebook, nel gruppo “Quelli che lavorano in hotel”, l’imprenditore di Marina di Pietrasanta Alessio Maggi scrive: “Se a qualcuno, questa estate, nel caso mai riaprissimo, verrà in mente di venirla a menare con domande alla carlona tipo ‘quanto si lavora? Quanto mi dai? Qual è il giorno libero?’ vi dico con il massimo garbo possibile: non vi presentate“.

E aggiunge l’albergatore con tono burrascoso: “Siamo in emergenza e come tale deve essere gestita e elaborata. Se pensate di avere o pretendere come se non fosse successo nulla, datevi all’ippica”. Chiaro?”.  Parole chiare, concise, che hanno smosso la coscienza di tanti ragazzi e ragazze che si impegnano, giorno per giorno, per un futuro migliore. Senza essere protagonisti dello stereotipo abituale: “I giovani non vogliono fare un bel niente”. Anche perchè ormai questa storiella ha stufato e sa di ammuffito.


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A proposito dell'autore

Mi chiamo Morana Alessandro, classe 2000, palermitano. “non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”