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Il figlio di un laureato ha il triplo di probabilità di arrivare allo stesso titolo di studio.

Ancora oggi il figlio di un padre laureato ha oltre il triplo delle possibilità di laurearsi rispetto al figlio di chi ha conseguito la terza media.

Addio ascensore sociale, il figlio di un laureato ha il triplo di probabilità di arrivare allo stesso titolo di studio. L’indagine Inapp

Nella fascia d’età 30-39 anni, la probabilità di laurearsi per il figlio di un laureato è del 61%, mentre la quota scende al 30% per il figlio di un diplomato e crolla al 18% per chi ha il padre con al massimo la licenza media. Sono alcune delle evidenze emerse dal Rapporto Plus 2022 sulla mobilità intergenerazionale dei titoli di studio e citate durante il convegno Giovani verso il futuro organizzato dall’istituto a Benevento. Dati particolarmente significativi nei giorni in cui gli studenti protestano in molte città italiane contro il caro affitti che rende una sfida per molti fuori sede frequentare i maggiori atenei.

Il livello medio di istruzione negli ultimi cinquant’anni è ovviamente cresciuto: la quota dei laureati è passata dal 14% dei 50-64enni al 28% dei 30-39enni. Ma lo svantaggio relativo per chi proviene da famiglie meno istruite non si è ridotto significativamente. “Altrettanto importante quanto il basso numero dei laureati è la sua ineguale distribuzione rispetto alle caratteristiche di istruzione e di reddito dei nuclei familiari di provenienza – ha commentato Sebastiano Fadda, presidente dell’INAPP – Se a questo si aggiungono anche i fenomeni della disoccupazione intellettuale, della “sotto-occupazione” e della “fuga dei cervelli” si capisce quanto grande e complesso sia il problema della formazione e della utilizzazione del capitale umano nel nostro paese”.

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Politiche e servizi che consentono il raggiungimento di livelli “europei” di istruzione terziaria è essenziale per avere abbastanza laureati per competere con gli altri Paesi europei, nota l’Inapp. Ma oggi il titolo di studio non è più percepito dalle famiglie meno istruite come una chiave per l’affermazione lavorativa e ciò può indurre i genitori a non investire nell’istruzione del proprio figlio, anche perché effettivamente in Italia i rendimenti dell’istruzione sono più bassi di quelli registrati in altri paesi OCSE. Servono interventi di politica che mirino a ridurre le disuguaglianze (Nord -Sud, ma anche grande/piccolo centro urbano) tenendo conto delle peculiarità dei vari territori. Nel Mezzogiorno si registrano ancora oltre 4 milioni di persone con solo la licenza media inferiore nella popolazione tra i 30 e 64 anni.

“Una società giusta ed equa – ha chiosato Fadda – implica che sia l’impegno, e non le posizioni iniziali o il contesto famigliare, a determinare lo status socioeconomico dell’individuo. Il sistema educativo dovrebbe garantire a tutti i ragazzi e le ragazze l’opportunità di partecipare a processi di apprendimento efficaci, in grado di sviluppare le loro potenzialità e il loro talento separando così le loro prospettive da quelle della famiglia d’origine. E ciò può avvenire sviluppando non soltanto i percorsi universitari ma anche gli altri percorsi di formazione professionale fino al livello terziario e garantendo processi continui di aggiornamento delle competenze per soddisfare i bisogni emergenti dalle trasformazioni strutturali in atto”.

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