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A Giurisprudenza seminario sulla situazione delle carceri italiane

Vi siete mai interessati alla condizione delle carceri italiane? Probabilmente no, ma diversa è la risposta se sulla domanda si interrogano i futuri penalisti, attualmente studenti. Carceri e università, uno strano binomio, l’uno l’antitesi dell’altro: da una parte la privazione della libertà, dall’altra la libertà che fonda le sue radici nel sapere.

Eppure un tema così attuale come la situazione delle carceri italiane non può non trovare spazio di riflessione nelle aule universitarie della facoltà di Giurisprudenza dove studenti insieme al Preside della facoltà di Giurisprudenza, Antonio Scaglione, i docenti universitari Giuseppe Di Chiara, Vincenzo Militello, Vincenzo Carretti e i tecnici del settore, Dott.sse Rita Barbera, Marina Altavilla e Cetti Lipari hanno ricostruito lo stato delle carceri in Italia.

«Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri perché è da esse che si misura il grado di civiltà di una nazione», si apre così il seminario dal titolo “Le carceri dimenticate -luogo di passaggio o status senza alternativa?” organizzato dall’Associazione universitaria Contrariamente giorno 12 febbraio presso l’Aula Magna di Giurisprudenza.

Da Voltaire all’art. 27.3 della Costituzione italiana che enuncia il principio di umanità della pena e il valore rieducativo della stessa. Diversi i punti di domanda per indagare una situazione, quella italiana, che è da tempo in emergenza con carceri sovraffollate e l’impossibilità da parte degli operatori di potersi dedicare a percorsi rieducativi mirati ai singoli detenuti.

Sì, perché nelle carceri c’è troppa gente da rieducare e l’alto numero dei detenuti rende difficile il lavoro del personale addetto, la questione si complica maggiormente se unito a ciò si somma il pregiudizio sociale verso gli ex-detenuti. Reinserimento e rieducazione attualmente sono due enunciazioni di principio, difficili da adempiere, sottolinea Rita Barbera, direttore del penitenziario Ucciardone.

Il carcere può essere un’efficace risposta dello Stato al crimine solo nella misura in cui la pena sia rapportata al reato e sia prevista come uno strumento di difesa sociale per i reati più gravi per i quali è necessario correggere i comportamenti umani e rieducare. Emerge la necessità di una riforma del diritto penale che trovi e applichi delle misure alternative al carcerato per i reati minori al fine di prevenire la detenzione e permettere di conseguenza il contenimento del numero dei detenuti che possa garantire l’adempimento dei percorsi rieducativi. Amnistia e condoni non possono essere risolutivi se come soluzione al sovraffollamento si continuano ad allargare le possibilità di uscita dal carcere senza regolare l’ingresso, bisogna quindi evitare che la gente finisca in carcere.

Un excursus storico dal 1890 a oggi ha coinvolto relatori, esperti e studenti nella riflessione sul problema sistemico dello Stato italiano nella lotta contro la criminalità singola e organizzata, la quale spesso si risolve in un aumento della soglia di meritevolezza della pena che finisce per creare sovraffollamento nei penitenziari e non prevedere strutture sociali alternative di rieducazione e prevenzione. Secondo i dati del Consiglio d’Europa il tasso di cancerizzazione dell’Italia è uno dei più bassi tra i paesi europei eppure le carceri italiane detengono il doppio delle persone che potrebbero contenere e la questione non sembra risolta da anni.

Durante il seminario, il tema è stato affrontato non solo dal punto di vista giuridico ma anche da quello sociologico concentrandosi sul problema della recidività e pericolosità sociale e delineando i tratti dei soggetti psicopatici.

Quali sono i soggetti davvero meritevoli di pena, coloro che indubbiamente dovrebbero stare in carcere perché pericolosi per la società? Purtroppo la mancanza di ricerca e l’assenza di metodi scientifici in questo campo in Italia non rende possibile dare una risposta certa. Studi effettuati su soggetti psicopatici hanno, però, mostrato la presenza di comportamenti devianti attribuibili a disturbi durante la fase dello sviluppo che poterebbero alla perdita del sentimento umano e quindi a compiere crimini. Ancora una volta la ricerca diventa l’elemento essenziale per incrementare gli strumenti di valutazione e potere prevenire la psicopatia.

«Qual è il ruolo della politica in questa situazione?». Dalla sociologia alla politica, Alessandro Balsamo, portavoce di Nelli Scilabra, Assessore all’Istruzione e alla Formazione Professionale della Regione Siciliana, ribadisce la responsabilità della classe dirigente che sembra aver rinchiuso nelle carceri fenomeni sociali che non è in grado di controllare «rinchiusi, senza possibilità di reinserimento nella società».

La politica non può restare fuori dal dibattito, è necessario un piano di formazione che, più che alle ore, faccia attenzione alla qualità del periodo di formazione, che dia sostegno psicologico e accompagni nel reinserimento in società. Cambiare il punto di vista da quantitativo a qualitativo è importante per contenere la recidività, altrimenti si finisce per dare solo un arrivederci ai detenuti. Soddisfatti gli studenti e gli organizzatori per la buona riuscita del seminario. «Contrariamente è orgogliosa di aver coinvolto il mondo accademico in un tema di profonda attualità in cui diversi punti di vista, universitario, politico e degli operatori del settore, si sono incontrati. Contrariamente, come già da diversi anni fa, continuerà attività simili di informazione e confronto su diversi temi. L’Università deve dialogare con la società e nelle nostre attività siamo motivati anche dalla positiva risposta degli studenti e dal loro coinvolgimento», afferma Salvo Di Chiara, Presidente di Contrariamente.

Il seminario e le future attività dell’Associazione in programma per l’anno accademico 2012/2013 sono dedicate a Rossella Spallina, una giovane studentessa di Giurisprudenza scomparsa prematuramente a novembre dello scorso anno. Un segno di umanità, secondo il professore Militello, che le associazioni studentesche riescono a cogliere contrariamente alla realtà anonima dell’Università. Le associazioni rappresentano l’espressione più bella e ampia di essere studente universitario, da qui l’esortazione di Carlotta Provenza, Coordinatrice d’Ateneo di R.U.M (Rete Universitaria Mediterranea), a prendere parte ad attività associative «L’università non è solo studio, è associazionismo, è rete, è ampliare le proprie conoscenze».

Accade spesso che mondi lontani si incontrino nelle aule universitarie per dibattere temi di attualità e trovare delle possibili soluzioni nate dalla riflessione di studenti, professori e tecnici.

Possono i temi insoluti di grande attualità irrompere nel mondo universitario in cerca di dibattito, riflessione e magari azzardare possibili soluzioni o scenari? In realtà dovrebbero.

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