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“Comizi di mafia”, la replica del professor Militello

Riceviamo e pubblichiamo la replica di Vincenzo Militello, professore ordinario di Diritto Penale presso l’ex facoltà di Giurisprudenza, al seguente articolo pubblicato su L’Ora Quotidiano:

«La mia lettura dei risultati del test è ben diversa da quella offerta dal relativo servizio di commento. Sia chiaro subito che non si trattava di un esame sulla qualificazione giuridica della responsabilità penale accertata nei confronti di Cuffaro o di sapere quale fosse l’attuale occupazione di Ingroia. Piuttosto ero curioso di verificare se la consapevolezza antimafia degli studenti di Giurisprudenza fosse davvero così precaria come quella rappresentata dalla prima inchiesta in proposito svolta all’Università, che certo non faceva onore all’impegno di tanti docenti e associazioni studentesche nella diffusione di una cultura antimafia ed in ultima analisi nuoceva alla stessa immagine dell’istituzione universitaria palermitana.

A tal fine, la scelta di sottoporre le stesse domande ad un campione di studenti come quello dei ragazzi frequentanti il mio corso di lezione di diritto penale (che accettassero di partecipare all’esercitazione) mi è sembrata meno sospettabile di parzialità nella selezione delle risposte di quanto non fosse il servizio precedente, che riportava solo affermazioni inesatte o quantomeno imbarazzate sui temi proposti nelle cinque domande.

Certo, anche questo nuovo campione non poteva vantare alcuna pretesa di scientificità rispetto ad una indagine sociologica sugli studenti del nostro Ateneo: si trattava infatti solo di iscritti a Giurisprudenza e per di più di frequentanti un corso di lezioni impegnativo come quello del diritto penale. Ma almeno la relativa selezione era del tutto casuale, senza che si potesse pensare ad una qualche predeterminazione interessata delle voci a cui dare rilievo.

Su questa base, i risultati hanno ampiamente confermato la mia ipotesi: non solo le risposte hanno espresso una generale consapevolezza delle tematiche oggetto delle cinque domande oggetto del servizio giornalistico, ma l’attenzione degli studenti ai temi connessi alla mafia è risultata molto maggiore di quella da essi prestata ad altri mondi vitali, come il calcio e la musica.

In dettaglio, su 2 delle 5 domande (chi fosse Di Matteo e l’anno delle stragi antimafia) si è avuto la totalità delle risposte giuste, come il servizio ha ammesso sia pure senza commenti sulla discrasia di un tale esito rispetto alla prima indagine condotta dagli stessi autori.

Quanto agli altri quesiti del test, il servizio vi legge un certo numero di risposte sbagliate, ma una riflessione attenta sui risultati mi sembra legittimi una diversa conclusione. La domanda su Ingroia riguardava solo il “chi è”, per di più in un contesto generale relativo alla materia antimafia: considerare sbagliate (il servizio ne conta 12 su 26) le risposte che si limitavano a dire “un magistrato” o un “PM di Palermo” sembra trascurare che tale nome è legato in materia antimafia a quella sua condizione (e ciò è stato esattamente individuato da tutte e 26 le risposte) e non certo alle sue successive attività politiche, né l’erroneità alla domanda di base può discendere dalla portata regionale o nazionale delle elezioni politiche a cui quel personaggio si è poi candidato.

Analogamente, tutte le 26 risposte hanno riconosciuto in Cuffaro un ex presidente delle Regione ora in carcere; invece, la specificazione ulteriore del titolo esatto della condanna non era richiesto dalla domanda: il fatto che nel test chi si sia lanciato in tale qualificazione abbia fatto riferimento all’associazione mafiosa o al concorso esterno, e non alla particolare ipotesi di favoreggiamento aggravato alla mafia, non può essere considerato elemento per considerare sbagliata l’intera risposta, almeno dal punto di vista della sensibilità nei confronti del tema antimafia.

Infatti è noto che la possibile qualificazione come concorso esterno all’associazione mafiosa dei fatti ascritti a Cuffaro sia stata a lungo sotto i riflettori dell’attenzione pubblica, in quanto sostenuta dai magistrati della pubblica accusa, che più volte hanno cercato di ottenere una condanna in tal senso.

Né è corretto assumere che lo studente del corso di diritto penale debba conoscere l’esatto esito di quella pluriennale vicenda processuale, che non può essere oggetto di un approfondimento specifico nell’ambito di un corso di taglio pur sempre istituzionale. Infine, altissimo è stato anche il numero di risposte esatte sulla trattativa Stato mafia: pur se concisamente, tutte hanno parlato di un contatto fra organi dello Stato e della mafia.

Le imprecisioni sui relativi caratteri hanno riguardato 4 risposte su 26, vale a dire il 15% del totale: una percentuale che appare ampiamente compatibile tanto con la varietà delle conoscenze individuali dei fenomeni pubblici, quanto con il carattere non definitivamente accertato dei particolari della complessa vicenda.

Un’ultima osservazione. Stranamente il servizio non ha fatto cenno a due domande di controprova appositamente da me aggiunte alle cinque antimafia del servizio iniziale: la prima relativa al mondo del calcio (chi fosse un certo nome, corrispondente ad un giocatore del Palermo) e l’altra a quello della canzone, per di più dei tempi delle stragi del 1992 (chi avesse vinto il festival di Sanremo in quell’anno).

Ciò intendeva verificare se per caso non vi fosse nei ragazzi più conoscenza di quelle realtà particolari, piuttosto che dei temi antimafia. Ebbene, anche qui l’esito è stato molto più incoraggiante di quanto sia il primo che il secondo servizio dell’ora quotidiano non inducano a pensare: mentre la domanda sulla canzone non ha avuta nessuna risposta esatta (solo 2 su 26 hanno risposto in modo peraltro erroneo), quella sul calcio è stata indovinata solo da 10 studenti su 26, vale a dire un numero minore di quello fornito dal servizio giornalistico per ciascuna delle altre risposte esatte alle domande antimafia. Che sia stato per questo che il servizio le abbia del tutto trascurate?

Avere accolto l’idea di partecipare al test per verificare l’attendibilità dei risultati del primo servizio è stato prova di apertura al confronto e di curiosità nei confronti della realtà: fattori entrambi di un giornalismo di qualità. Una lettura dei relativi risultati che invece ne forzi l’interpretazione per cercarvi una conferma a tutti i costi di una certa tesi rischia di farla apparire preconcetta: ma si è sicuri che in tal modo non si ripresenti, sia pur in forma più accattivante per l’uso dei nuovi media, un settarismo di posizioni non dissimile da quello di una certa attività antimafia, che invece proprio una operazione come il servizio dell’Ora Quotidiano poteva servire a contrastare?».

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