Il bilancio demografico dell’Istat registra un nuovo drammatico record storico per l’anno 2020. Nel periodo di piena pandemia da Covid-19, nel nostro Paese si è registrato il livello massimo dei decessi dalla Seconda Guerra Mondiale e quello minimo delle nascite dall’Unità d’Italia. Parliamo di circa 384 mila persone in meno, come se in un anno fosse stata cancellata un’intera città al pari di Firenze.
La fotografia sulla dinamica demografica scattata dall’Istituto nazionale di statistica per l’anno 2020 è drammatica. Secondo i dati raccolti, durante la pandemia si è registrato un -3,8% delle nascite (quasi 16 mila in meno rispetto all’anno precedente) e un aumento del +17,6% dei decessi (quasi 112 mila in più rispetto al 2019), per un totale di circa 746.140 mila persone cancellate dall’anagrafe, il numero più alto dal Secondo Dopoguerra.
A registrare un deficit relativo alla popolazione ancor più tragico fu solo la Spagnola, che nel 1918 determinò quasi la metà dei decessi di quell’anno (1,3 milioni in totale), decimando la popolazione. Quadro di come ancora una volta una pandemia riesca ad avere un effetto devastante sul nostro Paese, a distanza di quasi 100 anni.
La geografia del triste record storico interessa maggiormente la popolazione del Nord-Ovest della nostra Penisola, soprattutto nella prima ondata (da fine febbraio a metà maggio). Qui si è registrato, infatti, un calo generalizzato delle nascite pari al -4,6% ed un aumento dei decessi pari allo 0,6%.
Il Sud e le Isole sono state, invece, più colpite nella seconda ondata (a partire da metà settembre), subendo una perdita dello 0,7% sulla popolazione, accentuando così lo spopolamento già concretizzato da diversi anni a causa dei “flussi migratori” verso il Nord Italia. “L’impatto differenziale dell’epidemia sulla mortalità (maggiore al Nord rispetto al Mezzogiorno) e la contrazione dei trasferimenti di residenza-spiegano queste differenze geografiche“, così rileva il report dell’Istat. Anche le regioni del Centro vedono raddoppiare il dato relativo al deficit di popolazione (dallo -0,3% al -0,6%).
Non solo il calo delle nascite e l’aumento dei decessi. L’Istat registra ulteriori fattori che inevitabilmente sono stati condizionati dalla situazione pandemica. “Alle conseguenze dirette del virus dovute ai decessi si sono aggiunte le ripercussioni che le misure, volte a contenere la diffusione dei contagi, hanno prodotto sulla vita delle persone (restrizioni di movimento, interruzione totale o parziale di attività lavorative, limitazione nel numero di partecipanti alle cerimonie)“, spiega l’Istituto nazionale di statistica, registrando un importante calo dei matrimoni celebrati: -68,1% i matrimoni religiosi e -29% quelli con rito civile rispetto al 2019.
Difficile ancora prevedere quali siano le conseguenze di questi dati allarmanti, soprattutto sull’economia. Di certo, la popolazione intera non riesce a guardare al futuro con prosperità. Anche la “stoccata” tra la fine della prima ondata e l’inizio della seconda ha contribuito ad aumentare il trend negativo. Poca fiducia nel futuro lavorativo, nella scelta di voler un figlio…l’epidemia ci ha inevitabilmente cambiato. L’augurio è quello di poter tornare a sperare e di guardare al futuro con “positività”.
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