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Il buco nero dell’Università, Lagalla: “I tagli mettono a rischio il diritto allo studio”

Aule troppo piene, mancanza di posti a sedere, cattiva gestione, borse di studio insufficienti e tasse troppo alte. Sono queste le principali lamentele degli studenti che, di giorno in giorno, calcano il territorio accademico. Nonostante i rincari posti agli universitari, infatti, si può affermare con sicurezza che i costi elargiti spesso non equivalgono ai servizi resi.

Un paradosso che, negli ultimi tempi, sta conducendo l’Università italiana verso un buco nero: gli alti tassi di abbandoni, i frequenti cambi di facoltà, le basse percentuali di laureati sono sempre più preponderanti e rischiano di assumere i contorni di una vera e propria emergenza.

Il fenomeno, viste le proporzioni, è stato posto al centro di un’inchiesta da parte dei giornalisti Rai che tramite un reportage dal titolo “La scuola dimenticata” hanno girato con taccuini e telecamere per i vari atenei. Gli operatori Rai sono giunti anche all’Università degli Studi di Palermo in cui, nonostante i test a numero chiuso imposti in quasi tutte le facoltà, gli studenti continuano a fare i conti con la mancanza di spazi adeguati e servizi insufficienti.

Le lezioni, troppo affollate, diventano accessibili a coloro che riescono ad accaparrarsi i pochi posti presenti. Gli altri, infatti, dopo ore di attesa sull’uscio o sul pavimento abbandonano per scomodità e disagi nell’ascolto. A denunciare la situazione sono i rappresentanti dell’Udu Palermo. «Un numero ridicolo rispetto alla reale mole di studenti che dovrebbero seguire le materie e che invece per la capienza ridotta delle aule sono costretti a rinunciare e recarsi in biblioteca per studiare – dichiara con forza Alessio, studente di Giurisprudenza -. Sempre che la biblioteca o le aule studio non siano già piena dalle prime ore del mattino».

Ma non finisce qui. Palazzi abbandonati, strutture trascurate dove incuria e degrado trasudano da ogni parte. È il caso del vecchio collegio di San Rocco situato lungo la centralissima via Maqueda. Le sale del complesso vengono utilizzate dagli studenti di Giurisprudenza per seguire diverse materie del corso di studi. A causa dei finanziamenti ridotti del tredici per cento negli ultimi quattro anno i disagi sono aumentati e non mirano a trovare un punto di arresto, almeno nel breve periodo.

L’alto tasso di fuori corso è un’altra delle emergenze del sistema universitario. A Palermo, in particolare, sfiorano il quaranta per cento del totale. Dal prossimo anno gli studenti in questione pagheranno tasse più alte: «Lo studente fuori corso è considerato di serie B – sentenzia uno studente -. Non si va più a valutare il perché un giovane diventi fuori corso ma esso diventa appunto uno studente che l’università non vede l’ora di cacciare fuori».

«Negli ultimi anni abbiamo perso circa il venti per cento del corpo docente e, nonostante le difficoltà finanziarie che nel sud sono particolari, siamo stati in grado di reclutare circa centocinquanta nuovi ricercatori». È quanto assicura il rettore dell’Ateneo, Roberto Lagalla.

Sulle polemiche sorte a causa dei test d’accesso a numero chiuso, inoltre, il rettore tiene a precisare: «Abbiamo degli obblighi di legge che derivano da un rapporto fissato normativamente tra studenti e docenti – continua -. Crediamo anche che bisogna proporre un’attenzione maggiore degli studenti e un’ottimizzazione dei servizi quindi reclutiamo tutti gli studenti che è possibile e consentito reclutare per garantire queste condizioni, di legge e di servizio».

Le ultime parole di Lagalla vengono spese per affermare con veemenza l’emergenza in cui si incorrerà continuando a porre tagli e veti alle università. «Credo che continuare a tagliare indiscriminatamente al sistema della formazione metta a repentaglio la tenuta complessiva del Paese e mette seriamente a rischio il diritto allo studio che è costituzionalmente tutelato».

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