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In Sicilia 400 mila neet, giovani che non studiano e non lavorano

Quattrocentomila, quasi quanto tutti quelli della Francia. Sono i neet, i giovani siciliani che non studiano né lavorano. Un quadro quello dell’autunno siciliano tracciato dalla Cgil, preoccupante. I lavoratori coinvolti in vertenze sindacali nell’isola sono circa 100 mila; 84 mila sono invece i posti di lavoro andati in fumo nel secondo trimestre del 2013.

Il quadro, sconfortante, lo fornisce Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, intervistato nel corso di un Forum promosso dall’agenzia Italpress. Secondo il leader sindacale, per ripartire «É necessario che il dibattito politico torni a guardare ai contenuti, a quella realtà dalla quale è sempre più scollato».

«In una regione in cui si contano circa 400 mila Neet, quasi quanto l’intera Francia, credo che un serio sistema di formazione professionale sia quantomeno necessario“, afferma Pagliaro. Un dato che, secondo il leader regionale della Cgil, dovrebbe far riflettere sul ruolo della formazione, “ridotta invece per decenni a sistema clientelare».

«Al fianco di questo numero – prosegue Pagliaro – trova posto un altro fenomeno allarmante: l’emigrazione giovanile è tornata ad essere un problema, con circa 50 mila giovani che ogni anno lasciano l’Isola. Il fatto che a partire siano poi i giovani più scolarizzati preoccupa ulteriormente, perché restano gli sfiduciati, mentre le energie migliori vanno via».

Se da una parte il sindacato confederale si dice preoccupato per il dramma che migliaia di giovani vivono in Sicilia, dall’altra le cose non sembrano andare meglio guardando all’universo dei lavoratori dipendenti.

«Sono circa 100 mila – denuncia la Cgil – i lavoratori coinvolti nelle vertenze sindacali in Sicilia, con una situazione che è trasversale tra pubblico e privato».

Senza contare l’assoluta mancanza di garanzie in cui versano le migliaia di precari della pubblica amministrazione. «Sarà difficile – sottolinea il sindacalista – che il decreto firmato dal ministro D’Alia da solo possa dare delle risposte in Sicilia, a meno che non intervenga una rivisitazione dei vincoli del patto di stabilità».

«Nel secondo trimestre del 2013, rispetto allo stesso periodo del 2012, sono andati in fumo 84 mila posti di lavoro, di cui 26 mila in agricoltura, 17 mila nell’edilizia, 40 mila nel settore terziario – osserva Pagliaro -. Un dato drammatico che racconta come gli effetti devastanti della crisi si stiano vedendo adesso. Negli anni della recessione, la Sicilia ha perso un terzo della sua capacita’ produttiva a livello industriale. Senza contare gli altri indicatori: le cifre degli ammortizzatori sociali in deroga, ad esempio, ci parlano di oltre 20 mila siciliani coinvolti».

Secondo Pagliaro, per uscire dallo stallo «bisogna guardare alle singole criticità, agire prima che la vertenza diventi emergenza. Si fa presto a dire che viviamo in una splendida terra, ma il brand “Sicilia” aspetta ancora le attenzioni della politica. Attendevamo il 2010 come se la Sicilia, in occasione dell’area di libero scambio, dovesse diventare la piattaforma dell’Europa e del Mediterraneo e invece il tema delle infrastrutture e della mobilita’ mostra una pessima immagine di questa regione».

È proprio dai cantieri e dalle infrastrutture che secondo l’organizzazione sindacale bisogna ripartire: «Ma per farlo è necessario che il dibattito politico torni a guardare ai contenuti, a quella realtà dalla quale è sempre più scollato. Soltanto a quel punto, magari – conclude Pagliaro -, potrà servire un rimpasto che, individuati i contenuti, indichi le persone che dovranno guidare i singoli settori».

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