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Perché l’Università di Palermo chiude radio Libertà di Frequenza

Una voce si spegne. Si è deciso di far tacere Libertà di Frequenza – ldf.unipa.it, l’emittente web-radiotv di proprietà dell’Università di Palermo, che ha sede nel centro di produzione multimediale, una struttura di eccellenza realizzata per gli studenti attraverso una serie di generosi finanziamenti UE-Miur.

Eppure, l’Ateneo (ai tempi del rettore Roberto Lagalla) aveva deciso di potenziare e trasferire la redazione e l’intero centro multimediale da via Veneziano in nuovi e più ampi locali nella Città Universitaria, a vantaggio degli studenti, in particolare quelli dei corsi di Comunicazione che avrebbero potuto usarne i laboratori. Allo stesso tempo, si era voluto risolvere l’annoso problema dei lavoratori precari della struttura.

Attraverso un bando pubblico di esternalizzazione e successivo contratto di concessione, nel 2014 è stata affidata (ma solo sulla carta) la gestione a costo zero della testata ad un consorzio costituito tra soggetti privati. Una soluzione analoga a quella adottata con altre strutture, come l’incubatore d’impresa dell’Università di Palermo, affidato al consorzio Arca.

La cristallina ratio del provvedimento era, in sintesi, che finché l’Ateneo non fosse stato in grado di assumere direttamente il personale, esso sarebbe stato remunerato da un soggetto esterno che avrebbe trovato la propria autosostenibilità dalla gestione in esclusiva della testata e dei servizi affidati (comunicazione istituzionale, e-learning, orientamento). Il contratto di affidamento non ha mai però avuto adempimento da parte dell’Università.

Nel 2015 infatti, appena insediato l’attuale rettore Fabrizio Micari, l’Ateneo ha assunto “intuitu personae” due giornaliste che prestavano servizio al Politecnico di Torino, affidando loro – presso l’ufficio di staff del rettore, allo Steri – le stesse competenze proprie dell’Ufficio Stampa, comunicazione istituzionale e redazione web e social che da anni venivano svolte in regime di precarietà dai giornalisti della redazione di Libertà di Frequenza.

Il punto però è che nell’affidare l’incarico alle due giornaliste nello staff del rettore, in un non-ufficio stampa, si sono commesse delle evidenti violazioni. Innanzitutto quelle connesse alla legge 150/2000 sugli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni. La legge assegna al capo di un’amministrazione, perfino al Presidente della Repubblica, un solo portavoce, non due. Surrogare poi le funzioni dell’Ufficio Stampa dell’Ateneo, trasferendole con l’etichetta “Comunicazione istituzionale” allo staff del rettore è proibito. L’Ufficio stampa assolve l’obbligo di garantire trasparenza sulle attività dell’amministrazione, non può ovviamente essere alle dirette dipendenze di chi la guida. Inoltre, la giornalista Eva Ferra è contemporaneamente capo del settore Comunicazione, promozione eventi e Urp e capo dell’Ufficio di gabinetto del rettore. Una giornalista professionista ha l’obbligo di svolgere esclusivamente lavoro giornalistico, non le è consentito dalle norme occuparsi contemporaneamente delle funzioni di portavoce e capo ufficio stampa, insieme a una pluralità impressionante di impegnativi incarichi come l’Urp, la promozione di eventi, la direzione dell’ufficio di gabinetto del rettore e della sua segreteria tecnica e di supporto giuridico.

Questa inusuale concentrazione di incarichi di comunicazione ad un unico dipendente ha causato anche un incidente istituzionale. Il prof. Gianfranco Marrone, delegato del rettore Micari alla “Comunicazione istituzionale e promozione dell’immagine dell’Ateneo”, a fronte del conflitto o meglio dell’esautoramento delle sue competenze, si è prontamente dimesso benché da anni il suo nome compaia ancora, suo malgrado, nell’elenco dei delegati del rettore.

Sta di fatto che queste improprie attribuzioni di ruoli hanno inoltre interrotto il processo ufficiale di stabilizzazione dei precari. La decisione di spostare allo Steri, sotto il diretto controllo del portavoce del rettore, la redazione web e social e i servizi che erano stati concessi in esclusiva alla struttura che in viale delle Scienze avrebbe dovuto gestire l’intera produzione della Comunicazione istituzionale, è illegittima perché costituisce violazione del contratto di affidamento, e spiega perché non gli si sia mai dato corso. L’Ateneo si è rifiutato di cedere l’esercizio dell’attività di gestione di Libertà di Frequenza, cioè la qualità di editore, al consorzio soggetto terzo che aveva vinto la gara pubblica. Inoltre ha impedito che corsi di comunicazione (e i loro studenti) si valessero di attività didattiche di laboratorio presso la redazione nel centro di produzione web-radiotv, attrezzato proprio a questo scopo con ingenti finanziamenti Miur.

A fronte di questa incredibile situazione, i seppur pazienti precari della testata giornalistica Libertà di Frequenza hanno iniziato, nel gennaio 2019, una vertenza per la regolarizzazione del loro rapporto di lavoro.

Mi trovo a scrivere questo testo con estrema amarezza. L’Università di Palermo è la mia Università, dove ho conseguito due lauree magistrali e ho frequentato la Scuola di Giornalismo professionale (chiusa qualche anno fa dall’Ordine nazionale per inadempienza dell’Ateneo alle norme del Quadro d’indirizzi). E da anni sono una giornalista precaria della redazione di Libertà di Frequenza, di proprietà dell’Ateneo di Palermo.

Ben venga che l’ateneo abbia deciso di assumere due giornaliste, ma non capisco la ratio per cui, al posto di stabilizzare i propri precari, o attingere dal bacino di oltre 5000 iscritti all’Ordine regionale (tra cui ci sono tantissime professionalità di elevato livello che non trovano nel territorio uno sbocco occupazionale) abbia deciso di assoldare “intuitu personae” due colleghe che peraltro già lavoravano in Piemonte. A parte il fatto che assumere due nuove unità ha avuto e ha un ingente costo per l’Università, mentre dare seguito al contratto già stipulato con il consorzio avrebbe fornito una soluzione a costo zero.

A scanso di equivoci, preciso che non si tratta di un attacco nei confronti delle mie colleghe, con cui ho peraltro lavorato ai tempi della campagna elettorale del 2012 – essendomi state “inviate” dal PD come supporto alla comunicazione dell’allora candidato sindaco, di cui io ero addetto stampa – ma con chi ha creato questa illegittima situazione, a danno di tutta la redazione di Libertà di Frequenza.

E pensare che la prima volta che studiai la legge 150/2000 ero proprio tra i banchi dell’Università di Palermo. Chi l’avrebbe mai detto che, a distanza di anni, avrei subito sulla mia pelle, gli effetti di chi tale legge continua a violare…

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