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Speciale mafia, le rivelazioni dell’artificiere della strage di Via D’Amelio

È andata in onda ieri sera la trasmissione “Speciale mafia – la ricerca della verità” su La7, condotto da Enrico Mentana. Al centro, le rivelazioni del pentito Maurizio Avola, protagonista delle stragi del ’92. Tra gli ospiti, Antonio Di Pietro, Fiammetta Borsellino, Andrea Purgatori e Michele Santoro.

“Nient’altro che la verità”: le rivelazioni del killer della mafia

Lo speciale è stato trasmesso in occasione della pubblicazione del libro inchiesta realizzato da Michele Santoro, storico giornalista e conduttore. “Nient’altro che la verità”, edito da Marsilio, ripercorre in poco più di 400 trent’anni di storia della mafia in Italia, con rivelazioni inedite sulla strage di Via D’Amelio. Al centro, infatti, le rivelazioni del pentito Maurizio Avola, ex killer della mafia con alle spalle 80 omicidi, protagonista della stagione delle stragi del ’92.

Avola: “Sono l’ultimo ad aver visto lo sguardo di Borsellino”

A parlare è Maurizio Avola, diventato collaboratore di giustizia dopo essere stato per anni uno dei killer più spietati di Cosa nostra, appartenente alla cosca catanese di Santapaola. Il pentito, autoaccusatosi si di 80 omicidi, tra cui quello che giornalista Pippo Fava, ha confessato al giornalista Michele Santoro di essere lui l’artificiere della strage di Via D’Amelio del 19 luglio 1992. “Posso dire che sono l’ultimo ad aver visto lo sguardo Paolo Borsellino. prima di dare il segnale per fare quella maledetta esplosione. Mi accendo la sigaretta, lo guardo, mi soffermo, mi rigiro e faccio il segnale”.


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La preparazione della 126

Avola racconta la preparazione della macchina piena di tritolo, quella 126 parcheggiata in Via d’Amelio il giorno prima, perché la strage doveva andare in scena la sera del sabato e non la domenica, come poi avvenne. “Io già il tipo di esplosivo da usare lo conoscevo. E conoscevo anche la tecnica”. Avola racconta nei dettagli la preparazione dell’esplosivo: “I panetti toccavano pure il seggiolino dell’auto. Erano dodici panetti in tutto”. E sulle dichiarazioni del pentito Spatuzza, riguardo il coinvolgimento dei Servizi Segreti, dichiara: “Avevamo portato il T4 a Palermo qualche mese prima ma ne trovai meno, una parte lo avevano usato i palermitani per fare altro. I Servizi segreti non c’erano, Spatuzza ha detto tante cose giuste ma in quel garage c’eravamo io e Aldo Ercolano”.

Gli attimi prima della strage e il piano B

Borsellino scende dalla macchina e lascia lo sportello aperto“, così racconta Avola gli ultimi istanti di vita del magistrato. “Io mi fermo, mi giro e lo guardo, mi accendo una sigaretta. Lo guardo, mi giro e faccio il segnale, verso il furgone a Giuseppe Graviano e vado a passo elevato. Ho avuto la sensazione che Emanuela Loi ha visto il led rosso dell’auto, lei alza il passo e non capisco se sta andando verso la macchina. A quel punto mi sono allontanato”. Avola rivela, inoltre, un agghiacciante piano B. Se la 126 non fosse esplosa, avrebbero attaccato il giudice e la sua scorta sotto i colpi di bazooka.

“Lo Stato il nostro ottavo uomo”

Il nostro ottavo uomo era lo Stato, non i servizi segreti“, precisa il killer. “Hanno fatto una ricostruzione diversa, posso giurare che non c’erano uomini dei servizi. Io dovevo fare la guerra allo Stato”. Il pentito ricorda anche degli incontri con i fratelli Graviano e con l’introvabile latitante numero uno della mafia, Matteo Messina Denaro, i maggiori progettisti delle stragi. Un racconto al vaglio dei magistrati di Caltanissetta che indagano ancora sulle stregi, e che mette in discussione verità che sembravano ormai acclarate da tempo.  

Fiammetta Borsellino: “Menzogna nella sentenza trattativa”

Un racconto rilevante quello di Avola, ma non ritenuto centrale da Fiammetta Borsellino, la figlia minore del magistrato ucciso, presente in studio. “Non parlo di lui, so che mio padre parlò della procura di Palermo come un covo di vipere“, così commenta le parole del pentito. Fiammetta, ritorna sull’ importanza del dossier Mafia e appalti, citando l’ultima sentenza sulla trattativa Stato-mafia: “Nella sentenza trattativa si dice una menzogna, una bugia. Si dice che mio padre fosse addirittura disinteressato al dossier ‘Mafia e appalti’ o che non lo conoscesse ma non è vero, perché lo conosceva benissimo”, – e aggiunge – “La cosa grave è che il 14 luglio 1992, mio padre fece una riunione con i suoi sostituti in cui chiese come mai l’indagine di sua competenza non fosse confluita nel dossier Mafia e appalti”.

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A proposito dell'autore

Laureata in Giurisprudenza a Palermo con una tesi di diritto penale, non ho mai abbandonato la mia passione per la scrittura. Curiosa ed ambiziosa, cerco di rinnovarmi continuamente.