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Usa, Trump assolto anche nel secondo processo d’impeachment

Anche il secondo processo d’impeachment nei confronti dell’ex presidente Usa Donald Trump si è concluso con un’assoluzione. Il Senato ha infatti assolto il tycoon nel secondo processo nel quale era accusato di istigazione all‘assalto del Congresso. A favore della condanna 57 voti, di cui sette repubblicani. I “no” sono stati 43. Per la condanna erano necessari 67 voti, ossia i due terzi dei 100 senatori.

Con l’assoluzione nel secondo processo d’impeachment, è finita una “caccia alle streghe”. Lo afferma l’ex presidente Usa Donald Trump che aggiunge anche di volere “continuare” a difendere “la grandezza dell’America”. “Il nostro meraviglioso movimento storico e patriottico per fare l’America di nuovo grande è solo all’inizio, nei prossimi mesi avrò molto da condividere con voi e non vedo l’ora di continuare il nostro incredibile viaggio insieme per conseguire la grandezza americana per tutti”, ha affermato Trump caldeggiando il suo ritorno sulla scena politica.

Usa, Trump assolto nuovamente

Pur avendo votato a favore dell’assoluzione di Trump, il leader dei senatori repubblicano Mitch McConnell ha ribadito la sua condanna contro l’ex presidente, definendolo “praticamente e moralmente responsabile” per l‘attacco al Capitol. Una mossa che non è piaciuta per nulla a Nancy Pelosi che ha definito il suo comportamento “patetico” e “il gruppo di repubblicani codardi che hanno avuto paura di fare il loro lavoro rispettando l’istituzione in cui servono”. La speaker della Camera ha criticato McConnell per essersi rifiutato di convocare subito il Senato per iniziare il processo, quando Trump era ancora in carica, e di aver usato poi questo ritardo come motivo per assolverlo.

Il leader Gop ha però sottolineato che “la costituzione stabilisce chiaramente che i delitti di un presidente commessi nel corso del suo mandato possono essere perseguiti dopo che lascia la Casa Bianca”, lasciando quindi una porta aperta alle inchieste in corso in varie procure. Un modo di rispondere al monito dei procuratori democratici, secondo cui ammettere che un presidente non possa essere giudicato dal Senato a fine incarico significherebbe che ha mani libere per qualsiasi delitto nelle ultime settimane del suo mandato.

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