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I 10 film più belli di sempre secondo i registi. La classifica

Vi siete mai chiesti quali sono i film più belli di sempre? Quelli immortali che hanno segnato la storia del Cinema: sapreste sceglierli?

Sono innumerevoli i tentativi di dar risposta a questa domanda, tanto che negli anni sono state stilate classifiche di ogni genere per decretare il “meglio del cinema”, coi film più belli di sempre votati dal pubblico, dalle accademie, dai critici, dagli utenti di un certo sito o da quelli di un determinato magazine.

La rivista britannica Sight and Sound ha fatto, forse per la prima volta, qualcosa di diverso: ha raccolto le opinioni di 358 registi contemporanei, provenienti da ogni parte del pianeta, maestri e pietre miliari della settima arte; ne è venuta fuori una classifica di 10 opere che, per contenuto, tecnica ed estetica, rappresentano il massimo e sfiorano lo straordinario.

Forse li avete già visti tutti, forse qualcuno vi manca: allora è questa l’occasione giusta per recuperare.

Scopriamoli insieme i fil più belli di sempre, dal 10° al 1° posto. Buona visione!

10° – Ladri di biciclette, di Vittorio De Sica (1948)

È tuttora considerato un classico della storia del cinema ed è ritenuto uno dei massimi capolavori del neorealismo italiano.
Così ne ha scritto il critico André Bazin: “La riuscita suprema di De Sica, a cui altri non hanno fatto sinora che avvicinarsi, è di aver saputo trovare la dialettica cinematografica capace di superare la contraddizione dell’azione spettacolare e dell’avvenimento. In ciò, Ladri di biciclette è uno dei primi esempi di cinema puro. Niente più attori, niente più storia, niente più messa in scena, cioè finalmente nell’illusione estetica perfetta della realtà: niente più cinema”.

9° – Lo specchio, di Andrej Tarkovskij (1975)

È un’opera non convenzionale, fuori dai canoni classici: il regista non usa una vera e propria struttura narrativa ma mette in mostra i propri sentimenti, senza scendere a compromessi con il pubblico.

“…scendevi come una vertigine – saltando gli scalini, e mi conducevi oltre l’umido lillà – nei tuoi possedimenti – al di là dello specchio…” (dalla poesia di Arsenij Tarkovskij, recitata all’inizio del film).

8° – Vertigo (La donna che visse due volte), di Alfred Hitchcock (1958)

Ebbe scarso successo di pubblico e accoglienza tiepida da parte dei critici, probabilmente perché troppo all’avanguardia per il suo tempo: è un thriller psicologico che parla di ossessione, fobie e paralisi fisica, oltre che della fragilità dei sentimenti.
Lo studioso britannico-canadese Robin Wood lo definisce “…capolavoro di Hitchcock e uno dei quattro o cinque film più profondi e belli della storia del cinema”.

7° – Il Padrino, di Francis Ford Coppola (1972)

È unanimemente considerato una delle migliori pellicole mai realizzate.
Con l’indimenticabile colonna sonora di Nino Rota e le magistrali interpretazioni di Al Pacino e Marlon Brando (che rifiutò l’Oscar per protesta), è il capolavoro di maggior risalto della cosiddetta New Hollywood.
Curiosità: in Italia, insieme a Via col vento, è il film con più passaggi in TV della storia (135); la prima volta, nel 1974, ottenne un ascolto di oltre 25 milioni di spettatori.

6° – Apocalypse Now, di Francis Ford Coppola (1979)

È opera dello stesso regista; e mentre Il Padrino è considerato il gangster movie più famoso di sempre, questo è sicuramente il film di guerra più celebrato della storia. Un racconto che va oltre l’orrore delle bombe, spingendosi nei meandri del delirio dei sensi, della follia e del dilemma morale sulla guerra del Vietnam.
La scena iniziale, con l’elica dell’elicottero sulle note di The End dei The Doors, vale già da sola il prezzo del biglietto.

5° – Taxi driver, di Martin Scorsese (1976)

La violenza, lo squallore e la disperazione di una New York notturna, raccontati attraverso gli occhi di un reduce dalla guerra in Vietnam e interpretato da un magistrale Robert De Niro.
La scena più famosa del film, quella in cui Travis con la pistola inizia un monologo allo specchio (“Ehi, con chi stai parlando? Dici a me?”), è stata completamente improvvisata da De Niro; a Scorsese piacque così tanto che decise di tenerla nel montaggio finale.

4° – 8 1/2, di Federico Fellini (1963)

Fonte d’ispirazione per intere generazioni di cineasti, vede protagonista un regista di successo che, in piena crisi creativa, rivive il suo passato, con tutte le sue donne e i sui amori.
“Per me è uno dei più grandi film mai realizzati. Perché va direttamente al cuore della creatività, la creatività nel cinema, che è circondato da infinite e fastidiose distrazioni e varietà di follia. E per il fatto che la storia di Guido diventa una sorta di storia di tutti noi, diventa viva, vibrante, va verso il sublime”. (Martin Scorsese)

3° – Quarto Potere, di Orson Welles (1941)

Primo lungometraggio del regista, diretto (oltre che sceneggiato e prodotto) all’età di soli venticinque anni.
Welles rivoluziona le pratiche del “cinema delle origini” rifondando, di fatto, le tecniche della ripresa cinematografica. Rielaborando meccanica, ottica e illuminotecnica ricostruisce, e migliora, lo stile dei maestri del primo cinema, come Griffith, dai quali trae ispirazione. Fonde in modo magistrale elementi del teatro e del cinema, ricostruendo il punto di vista dello spettatore con inquadrature innovative. Nessuno aveva mai osato tanto fino a quel momento.

2° – 2001: Odissea nello Spazio, di Stanley Kubrick (1968)

È il film di fantascienza per antonomasia, il capolavoro che segnò una svolta epocale per il genere. Una favola apocalittica sul destino dell’umanità e lo sviluppo della tecnologia, con una regia memorabile e degli effetti visivi e sonori mai visti prima (ancora oggi perfetti e credibili).
“Inclassificabile, una scommessa folle ma vinta del regista; un’avventura spaziale che diventa scoperta di sé stessi, con un’enorme quantità di spunti e di possibili letture”. (Frank Miller)

…nel gradino più alto dele podio dei film più belli di sempre

1° – Viaggio a Tokyo, di Yasujirō Ozu (1953)

Il capolavoro di Ozu è un’opera di stampo classico, un viaggio attraverso cui il regista racconta il rapido perdersi della cultura e delle tradizioni tra una generazione e l’altra, un gap che rende incompatibili e isolate anche le generazioni contigue.
Una storia semplice che diviene parabola senza tempo sulle stagioni della vita e sulla generosità d’animo.
“La vita è strana. Tu sei stata molto più gentile dei nostri stessi figli. Te ne sono grato”. (Shūkichi, rivolto a Noriko)

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