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Denise Pipitone e la ragazza russa, il circo mediatico sul dolore di una madre disperata

Olesya Rostova e Denise Pipitone, sono la stessa persona? Forse no, forse sì. Non si sa. Ma una cosa è certa: il rispetto, nei confronti di Piera Maggio che lotta da 17 anni per riabbracciare la sua Denise, non c’è e non c’è stato.

La tv russa ha voglia di allungare il brodo sulla tragedia, perché alla fine se si scotta il sugo o se una mamma muore dentro di dolore è la stessa identica cosa. Qualsiasi mamma, non solo Piera Maggio, dato che non si sa se Olesya sia davvero Denise. Una madre siciliana che in queste ore, le più lunghe forse della sua vita, sarà avvolta nei pensieri. Tanti anni, tanti pianti e illusioni. Lei stessa ha dichiarato quasi come un mantra in tutte le dichiarazioni: “Sono cautamente speranzosa. Non vorrei illudermi di nuovo”.

Piera Maggio in questi quasi due decenni di delusioni ne ha avute parecchie. Una volta in Africa, quando ha regalato una bambola ad una bimba identica a Denise, ma non era lei. Poi quel video alla stazione di Milano, in cui una bambina affiancata da una nomade dice “Dove mi porti?” con quella cadenza tutta siciliana. E ora Olesya, la ragazzina di 20 anni che ha degli elementi cronologici e fisici simili alla bambina scomparsa a 4 anni per le vie di Mazara del Vallo.


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Il circo mediatico sul dolore di Piera Maggio

Domani, martedì 7 aprile, il legale Giacomo Frazzitta e la sua assistita sapranno il gruppo sanguigno insieme a tutti noi, persone estranee a Denise Pipitone ma che l’hanno voluta bene senza conoscerla. Dopo la scoperta sanguigna, nel caso si rivelasse positiva, l’avvocato avrà il dovere di partecipare ad un circo televisivo sul dolore delle persone, solo per conoscere il dna. Tutto ciò pur di ridare un sorriso ad una madre distrutta, che comunque non sarà abbattuta da un po’ di vento dopo che convive con un uragano da anni.

Una scelta, quella russa, che sa di perfido. Almeno per coloro che hanno seguito la vicenda. O per coloro che hanno cercato di aiutare Piera Maggio nel ritrovamento della figlia in giro per l’Italia e nel mondo. La trasmissione avrà pure il suo momento da tv del dolore, ma messi in confronto a loro i programmi della D’Urso sembrano la CNN.


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A proposito dell'autore

Mi chiamo Morana Alessandro, classe 2000, palermitano. “non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”