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Governo Draghi e campagna vaccinale

L’ex presidente della Bce Mario Draghi ha accettato con riserva l’incarico conferito dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella di formare un governo istituzionale.

L”agenda del nuovo premier : non solo recovery, ma anche gestione della pandemia

La campagna vaccinale e l’emergenza sanitaria, il rapporto con le regioni e il sistema con il quale finora sono stati disposti divieti e restrizioni per milioni di italiani.

C’è un altro dossier sul tavolo di Mario Draghi, oltre al Recovery, che rappresenta per il presidente del Consiglio incaricato una priorità:

La gestione della pandemia.

«La consapevolezza dell’emergenza richiede risposte all’altezza della situazione» . Ha detto lui stesso nel breve discorso al Quirinale, parlando di una «drammatica crisi sanitaria» e di un “momento difficile».

Obiettivo somministrare 14 milioni di dosi entro aprile

Oggi nella riunione Governo-Regioni è stato rimodulato il piano nazionale dei vaccini contro SARS-CoV-2 in Italia.

Domenica o al più tardi lunedì cominceranno ad arrivare le prime dosi del siero di AstraZeneca. Dunque bisognerà dar seguito al lavoro impostato per far partire la vaccinazione di massa. Che da quanto annunciato nella riunione tra governo e regioni, prevede la somministrazione di 14 milioni di dosi entro aprile.

L’obiettivo è somministrare 2 milioni di dosi a febbraio, 4 milioni a marzo e 8 milioni ad aprile, per un totale di 14 milioni di dosi in un trimestre.

Nel corso della riunione di oggi, dalle Regioni è venuta una proposta unitaria sulla distribuzione dei vaccini Pfizer e Moderna in base alla percentuale reale degli over 80 assistiti delle stesse regioni.

Nelle fasi successive la distribuzione avverrà in base alla popolazione. La rimodulazione inizierà dal 15 febbraio, secondo quanto si apprende, dovendo Pfizer distribuire direttamente nei quasi 300 siti di somministrazione e avendo bisogno di tempo per riorganizzarla.

È passato quasi un anno dal 25 marzo 2020

L’emergenza era appena scoppiata e non sapevamo che ci avrebbe accompagnato per così tanto tempo. Ma Draghi già in quel periodo avvertiva che una “profonda recessione” fosse “inevitabile”.

E la risposta, proseguiva l’economista, non poteva che essere un “significativo aumento del debito pubblico”. Secondo Draghi il debito che stavano (e stanno tuttora) contraendo le imprese del settore private doveva essere assorbito “interamente o in parte” dai governi.

Secondo Draghi, la ricetta con cui affrontare la pandemia non consisteva tanto nel fornire un’entrata a chi aveva perso il proprio impiego, ma proteggere in prima istanza i posti di lavoro. L’ex governatore di Bankitalia prima e della Bce poi, nel suo articolo sul Financial Times, sottolineava di approvare le misure che si stavano introducendo in quelle settimane di sostegno al reddito, come i sussidiari di disoccupazione o il rinvio del versamento delle tasse, ma ribadiva che prima di tutto fosse necessario fornire supporto alla liquidità. In questo senso affermava che fosse compito delle banche concedere prestiti a costo zero alle imprese, in modo che queste potessero sostenere i costi ed evitare allo stesso tempo tagli ai posti di lavoro. E che fosse poi un dovere dello Stato garantire su questi prestiti e compensare poi il debito contratto.

“I livelli del debito sono aumentati, ma l’alternativa – una distruzione definitiva della capacità produttiva e quindi della base fiscale – sarebbe di gran lunga peggiore per l’economia”, aggiungeva ancora, assicurando infine che l’Europa fosse comunque equipaggiata per affrontare lo shock straordinario del Covid-19. “Davanti a circostanze mai viste prima, un cambio di mentalità è necessario tanto in questa crisi quanto non lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che stiamo. affrontando non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di chi ne soffre. Il costo dell’esitazione potrebbe essere irreversibile”, concludeva Draghi.


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