Un vero e proprio tsunami sta investendo in queste ore la sanità siciliana. Fanno indignare alcuni passaggi delle intercettazioni tra l’ormai l’ex assessore regionale alla salute Razza e la dirigente del dipartimento che forniva i dati regionali all’Iss, Maria Letizia Di Liberti, adesso ai domiciliari.
Un vero e proprio “contenimento matematico”. Così definiscono gli inquirenti il piano adottato dai dirigenti per evitare, o cercare di ritardare, il passaggio della Sicilia in “zona rossa”, con tutte le dovute restrizioni che questa comporta.
Sembra quasi una partita decisa a tavolino. È questo ciò che emerge dalle intercettazioni tra l’assessore regionale alla Salute e la dirigente Di Liberti per camuffare i decessi di Biancavilla. Nell’arretrato da smaltire, il 4 novembre scorso, i due discutono sui decessi Covid della regione. Sono 7 quelli registrati a Biancavilla (CT). “I deceduti glieli devo lasciare o glieli spalmo?”, domanda la Di Liberti all’assessore. “Ma sono veri?”, chiede Razza. “Si, solo che sono di 3 giorni fa”. L’assessore dà l’ok: “Spalmiamoli un poco”.
Un passaggio particolarmente critico è quello individuato tra il 4 e il 5 novembre, intervallo di tempo che segna per la Regione il ritorno in zona arancione. Forti polemiche si innalzano soprattutto dalla politica regionale, che arriva persino ad ipotizzare assurde ipotesi complottiste: “Tutte le zone penalizzate appartengono al centrodestra”, così commentavano i dati il Presidente Musumeci e Razza. L’assessore alla Salute, al telefono con la Di Liberti, si lascia andare poi a ragionamenti di altro tenore: “inutile Letizia… c’è stata una gravissima sottovalutazione e il dato finale di questa gravissima sottovalutazione è scritto in quegli indicatori, poi secondo me sono sbagliati perché mettono sullo stesso piano indicazioni diverse, però come avrai visto ci sono dei dati dove noi comunichiamo zero… E chissà da quanto”.
Il 27 dicembre, la Di Liberti chiama nuovamente Razza per informarlo di avere verificato che i ricoveri sono aumentati di ben 40 unità. Non sapendo cosa fare, chiede consiglio all’assessore, il quale risponde: “Vediamo… semmai, stringiamo ‘na picca… vediamo… va…”. La dirigente lo informa che “poi martedì… ti faccio vedere… sono tutti i positivi… da recuperare… poi li vediamo insieme. Va bene?”. “Ma quanti sono?”, chiedeva Razza. La risposta della Di Liberti: “Assai. Poi te li faccio vedere…poi te li faccio vedere… va bo?”. E l’assessore: “Va bene…”.
A questi, si aggiunge anche il caso di Palermo. La città, il 19 marzo scorso, rischiava di diventare zona rossa per l’alto numero dei contagi. In quei giorni, 228 erano i positivi registrati soltanto all’ospedale Cervello. Il funzionario Cusimano riepiloga al telefono i dati regionali: “…508 Palermo…”. Lo interrompe subito la Di Liberti: “Ma che dici? Ma che dici? No, scusa non può essere, se sono quei i dati definitivi, Palermo va in zona rossa subito, subito”. Poi chiede: “Ma li avete messi i dati del Cervello?”. “No, no, no, senza Cervello, senza Cervello”, risponde Cusimano. Poco dopo, la dirigente richiama il suo collaboratore, ed attua il suo piano: “A questo punto io scenderei sotto i 400 su Palermo. Ho parlato con Ruggero e facciamo il punto domani”. “Di queste cose qua?”, chiede Cusimano . “Sì, sì, sì, quindi 506 lo portiamo a 370… che ne so una cosa di queste… sono numeri esageratissimi… E ci aggiungiamo 1.000 tamponi”, risponde la dirigente. Un vergognoso ed orribile modo per falsare il tasso di incidenza e scansare così nuove restrizioni.
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