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Il futuro degli umanisti? Reinventarsi

«Ci sarebbe una soluzione, adeguarsi. Questo è il segreto!». Sebbene utilizzata in un contesto abbastanza differente, questa frase pronunciata da Totò in uno dei suoi film più tristemente attuali (La banda degli onesti) pare un ottimo incipit per un articolo di analisi sull’attuale condizione occupazionale degli umanisti. Sì, proprio quella categoria, di cui il sottoscritto fa parte, che sempre più vede bistrattata la propria formazione.

È chiaro come in un paese in cui qualcuno asserisce che la cultura non si possa mangiare, tentare strenuamente la carriera di maestro o professore sia concepito come un rotterdamiano elogio della follia.

Sbarrate le carriere didattiche e constatata la saturazione di campi come editoria, giornalismo e beni culturali, cosa può fare un laureato in lettere, filosofia, filologia, antropologia ecc…? Adeguarsi! Come? Accettando stage sottopagati e tirocini a titolo gratuito? No! Reinventadosi!

Oggi si sta creando un mercato alternativo in cui il lavoro è possibile crearselo. Realizzare una start-up, dare vita ad una propria idea, mettendo in moto la propria creatività può davvero essere una mossa che ogni umanista dovrebbe almeno considerare. Se la cosa avrà successo si potrà tra l’altro dare lavoro a tanti colleghi nella stessa barca… quindi perché no?

Un umanista può godere di un’apertura mentale che gli permette di poter aggredire con successo professioni e ambiti apparentemente lontani da quanto studiato. Spesso basta integrare la propria formazione con alcune competenze tecniche, tra l’altro facilmente reperibili su internet, una risorsa fondamentale ed incredibilmente potente se si sa usarlo con intelligenza.

Un laureato in filosofia può immettersi nel settore del social marketing, un laureato in lettere divenire un ghost writer o un copy writer di successo e così via… bastano un po’ di coraggio e di spirito di iniziativa.

Non dobbiamo dunque disperare, piuttosto è il caso di rimboccarsi le maniche e parafrasando Kennedy non chiederci cosa possa fare il nostro paese per noi, piuttosto chiederci cosa possiamo fare noi per il nostro paese.

«Si, ma ad un certo punto non puoi che pensare al tuo futuro senza perdere altro tempo». Sì, più che legittimo, ma non sempre ciò significa dover scappare dall’Italia, può voler dire«restiamo e cerchiamo di contribuire alla rinascita del nostro paese».

La fuga dei giovani e la crisi sociale e culturale del paese si determinano e causano a vicenda, dando vita ad un circolo vizioso che è necessario fermare, o tra qualche anno i guai si faranno ancora più seri.

Questo post vuole essere un’introduzione ad una serie di articoli in cui potremo esaminare di volta in volta degli ipotetici esempi di creazione del proprio lavoro per un umanista. Restate sintonizzati!

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A proposito dell'autore

Classe 1988, vive – al momento in cui scrive – a Baarìa, in provincia di Palermo. A 17 anni si è innamorato di un’amante difficile da conquistare, capricciosa, che ha a volte pensato di lasciare, ovviamente senza successo, finché a marzo duemilatredici l’ha definitivamente legata a sé, non potendola adesso mai più cancellare dalla sua vita: i più la chiamano filosofia. L’autore si concede comunque un costante rapporto clandestino con la tecnologia, molto meno capricciosa della prima, ma senza dubbio meno avventurosa. Non manca qualche flirt con l’arte del disegno, a volte a mano libera, a volte, quando si crea un triangolo, computerizzato. Blogger da poco, crede che questo sia paradossalmente uno dei momenti migliori per ridare valore alla formazione umanistica. Blog: raccoglilebriciole.altervista.org

1 risposta

  1. Rossella

    Ben detto! Finalmente parole da veri “rivoluzionari” e coraggiosi! Noi siamo “umanisti” laureati a Palermo e stiamo provando a reinventarci così ad esempio: officinadelconteruggero.com