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Perché ChatGPT di Musk potrebbe distruggere il mondo del lavoro

La frontiera di sviluppo degli assistenti digitali passa dalla capacità dell’intelligenza artificiale di capirci a prescindere dal contesto. Più noi riusciremo a parlare con una macchina come se fosse una persona in carne e ossa e più riusciremo a servircene per fare compiti e lavori che a noi richiederebbero settimane di tempo. Ma se fino a qualche anno fa quest’idea era praticamente fantascienza, ora la ricerca nel settore ha fatto passi da gigante facendoci prospettare scenari davvero promettenti a stretto giro di posta. L’esempio più lampante è ChatGPT, acronimo di Generative Pretrained Transformer: uno strumento di elaborazione del linguaggio che utilizza algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane e che ha mostrato risultati davvero eccezionali. Il software, realizzato dall’organizzazione OpenAI fondata da Elon Musk, ha raggiunto la terza generazione di sviluppo che dovrebbe essere rilasciata ufficialmente nel corso delle prossime settimane: nonostante si tratti ancora di un progetto beta, chi ha potuto provarla nel corso degli ultimi giorni è rimasto sbalordito dalla sua capacità di imparare dalle conversazioni che ha con gli utenti personalizzando le proprie risposte in base a chi si trova di fronte.

Come funziona ChatGPT

ChatGPT non è altro che un chatbot a cui puoi fare domande e richieste con una semplice stringa di testo come se parlassi con un amico o un collaboratore. Volendo fare un paragone estremo, potremmo immaginarlo come una sorta di versione testuale di Friday per chi è familiare con l’ambiente Marvel e Iron Man. Sfruttando l’intelligenza artificiale e il machine learning, questa AI è in grado di comprendere la domanda, capirne il contesto e riprodurre un testo personalizzato cambiandone lessico, grammatica e sintassi in base all’input dell’utente. Per cui può adattarsi alla persona che ha di fronte, alla complessità del linguaggio dell’utente e può ricorrere ad esempi per spiegare meglio i concetti o usare quelle accortezze tipiche dell’essere umano per essere efficaci e diretti. Insomma, se finora abbiamo chiesto tutto a Google (o a TikTok in base all’età anagrafica) ricevendo in cambio link o video di risposta, presto potremmo fare tutto con ChatGPT o un suo simile e avere già la risposta senza fare ulteriori passaggi. Immaginiamoci uno strumento che, in base alla domanda, può fare compiti da prima elementare o scrivere tesi di laurea in pochi secondi.

Ed è proprio il mondo della scuola uno dei primi ambiti ad essere stato travolto da ChatGPT: il Dipartimento dell’Istruzione della città di New York ha vietato l’utilizzo del software sui dispositivi presenti nelle scuole per evitare che gli studenti possano ricorrervi e lasciar fare tutto all’intelligenza artificiale, mentre il New York Times ha sfidato l’intelligenza artificiale a scrivere compiti da quarta elementare per poi riuscire ad ingannare alcuni docenti ed educatori. Le preoccupazioni sono molteplici: il sistema viola il diritto d’autore plagiando altri contenuti nella realizzazione dei testi? Quale potrebbe essere l’impatto sull’apprendimento e sull’accuratezza delle informazioni? Proprio per questo motivo, il software potrebbe essere presto vietato anche nel mondo scientifico visto che non ha ancora uno strumento per filtrare le fonti e potrebbe utilizzare dati e informazioni errate. Insomma, potremmo essere alla vigilia «della morte dei compiti scritti», come ha scritto Corry Wang, scrittrice e market strategist a Google. 

A cosa serve ChatGPT

Nonostante questo, le applicazioni sono infinite. Pensiamo al mondo del servizio clienti e al tempo risparmiato dai clienti che hanno a che fare con un sistema automatizzato in grado di comprendere davvero le loro problematiche. Oppure alla linguistica e alle traduzioni simultanee da una lingua all’altra, senza dimenticare il mondo della programmazione informatica – dove già ChatGPT ha mostrato doti eccezionali nella scrittura di codice e nella realizzazione di compiti in pochi secondi che avrebbero richiesto centinaia di ore di lavoro “umane”. Ovviamente, se questo scenario dovesse tradursi in realtà, il rischio è di assistere a una vera e propria rivoluzione del mondo del lavoro come lo abbiamo conosciuto fino ad ora. O meglio, una sua possibile distruzione visto che, sempre potenzialmente, ChatGPT sta mostrando capacità in grado di sostituire tre quarti della forza lavoro «da ufficio» presente in questo momento. Segretari, contabili, creativi, scrittori e tutto ciò che richiede un’attività di pianificazione, formulazione di raccomandazioni o fornitura di informazioni potrebbe essere sostituita dall’intelligenza artificiale di OpenAI.

Una peculiarità che potrebbe far fruttare miliardi all’organizzazione che l’ha creata: il Wall Street Journal parla già di una valutazione da 29 miliardi di dollari con trattative in corso con le società di venture capital Thrive Capital e Founders Fund. Ma anche Microsoft ha fiutato l’affare in anticipo investendo un miliardo di dollari in passato e con altri 10 miliardi sul piatto pronti da riversare sullo sviluppo. Una mossa che ha permesso all’azienda di Redmond di assicurarsi le sue prestazioni da sfruttare per i propri servizi: così Bing potrebbe colmare il divario che lo separa da Google, Word potrebbe trasformarsi nell’alleato principale di tutti gli scrittori, mentre Outlook potrebbe addirittura comporre da sola le tue e-mail basandosi su semplici input da parte tua.

Cosa potrebbe andare storto?

Se anche i dubbi sui posti di lavoro venissero spazzati via, rimane la problematica di come gestire lo sviluppo di un’intelligenza artificiale di questo tipo. Messo da parte il problema dell’accuratezza delle fonti, che nel giro di un paio d’anni di ricerca potrebbe essere superato o perlomeno gestibile, sarà necessario capire come dare in pasto le informazioni a questo tipo di sistemi. La (presunta) fine dei social network ci deve insegnare a gestire meglio le nostre informazioni personali e la convivialità di ChatGPT o il suo savoir-faire così amichevole non deve distoglierci dalla realtà dei fatti: è pur sempre un prodotto che può essere sfruttato per avere dati sui nostri consumi o sulla nostra quotidianità. 

Il software, al momento, smentisce questo tipo di ipotesi: «Come language model, non acquisisco o tratto alcun dato personale. Non ho accesso a informazioni personali sugli utenti che interagiscono con me e non le raccolgo in alcun modo. Tutte le informazioni che fornirai durante questa chat saranno utilizzate esclusivamente per fornirti risposte alle tue domande e non saranno conservate o condivise con terze parti». Ma, ad ogni modo, è indispensabile lasciare un indirizzo e-mail e attivare un account per sfruttare il servizio per cui è sicuro che da qualche parte si archivi una cronologia delle nostre richieste. Non a caso, al momento, il servizio è gratuito: basta accedere al sito ufficiale di OpenAI, registrarsi e poi accedere alla pagina ufficiale di ChatGPT.

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