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Referendum. Le ragioni del SI e del NO

Lanciamo un appello a tutti, in particolare agli studenti universitari, conoscitori della legge e del diritto e portatori di interesse per il proprio futuro, ad esprimere la propria posizione andando a votare, in base ad una decisione ragionata e consapevole. Con questo obiettivo esponiamo di seguito le ragioni del Si e quelle del No, relativamente al Referendum sul taglio dei parlamentari.

Sabato e domenica prossimi, il 20 e 21 settembre i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi sulla riforma del taglio dei parlamentari. Il referendum costituzionale è confermativo, il che significa che non è previsto un quorum, ovvero la partecipazione alla consultazione della maggioranza degli aventi diritto. Vincerà dunque chi, tra ‘Sì’ e ‘No’, avrà preso più voti validi indipendentemente dall’affluenza.

Sulla scheda il quesito referendario sarà il seguente: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari’, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?“.

Meno costi e maggiore efficienza sul fronte del Sì, riduzione della rappresentatività sul fronte del No: sono queste le principali motivazioni dei due schieramenti in merito al quesito referendario sulla conferma della riduzione del numero dei parlamentari. Ma vediamo nel dettaglio le due posizioni

REFERENDUM: LE RAGIONI PER IL SÌ

Sono principalmente due le motivazioni addotte da chi sostiene il Sì.

La prima è la riduzione dei costi della politica, che si otterrebbe – secondo chi è a favore della riforma – grazie al taglio dei parlamentari. Secondo l’Osservatorio dei conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, il risparmio effettivo – calcolato al netto delle imposte e dei contributi pagati dai parlamentari allo Stato – sarebbe di 285 milioni a legislatura o 57 milioni annui, pari allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana. Secondo invece gli esponenti del M5s – a favore del Sì – il taglio dei parlamentari garantirà un risparmio di circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui.

La seconda motivazione principale dei sostenitori del Sì è una maggiore efficienza nei lavori parlamentari, con una riduzione dei tempi di discussione e delle polemiche (ma anche del confronto, dicono i sostenitori del “No”), e con una partecipazione più attiva da parte di ciascun parlamentare. Secondo chi è a favore del taglio, il minore numero di parlamentari comporterebbe Camere più snelle ed efficienti. Per i sostenitori del No, invece, la riduzione dei parlamentari non inciderebbe sull’efficienza dei lavori parlamentari, visto che rimarrebbe inalterato il bicameralismo perfetto, con due Camere che continuano ad avere esattamente le stesse funzioni. Per i sostenitori del Sì, i correttivi da apportare ai regolamenti parlamentari con il nuovo numero di deputati e senatori non sarebbero significativi. Per chi vota No l’opinione è opposta, sostenuta dalla convinzione che sono i regolamenti parlamentari a incidere in modo più evidente sul funzionamento dell’istituzione.

REFERENDUM: LE RAGIONI PER IL NO

La principale contestazione sul fronte del No riguarda la riduzione di rappresentatività del Parlamento. Come spiega l’agenzia Agi, attualmente l’Italia ha un rapporto di 1 eletto ogni 64 mila persone, con 945 parlamentari eletti e 60,4 milioni di abitanti. Se la riforma costituzionale dovesse essere approvata, con 600 parlamentari eletti, il rapporto diventerebbe di un eletto ogni 101 mila persone, una proporzione tra le meno rappresentative di tutti i paesi europei. Secondo chi vota Sì, invece, non si determinerebbe una riduzione particolarmente importante e il Parlamento non ne uscirebbe nel complesso indebolito. Per chi sostiene il No, l’aumento dell’efficienza del Parlamento non sarebbe automaticamente legato al minor numero di parlamentari. Per ottenerlo, secondo chi è contrario alla riforma, servirebbe invece una revisione dei meccanismi di formazione del processo legislativo, aspetto che la riforma non tocca.

 Altro motivo addotto dai sostenitori del No è il rischio di avere territori sotto-rappresentati. Soprattutto al Senato, che viene eletto su base regionale. Anche se la Costituzione prevede per ogni territorio un numero minimo di seggi (sette senatori per ogni regione, tranne due per il Molise e uno per la Valle d’Aosta), per chi vota No le regioni più piccole non sarebbero adeguatamente rappresentate. Altro rischio per  contrari alla riforma è che nei collegi diventati più piccoli (dato che devono eleggere meno deputati e senatori) possano ottenere seggi solo i partiti più grandi, con tutti gli altri a rimanere esclusi. Altro fattore, secondo i sostenitori del No che riduce la rappresentanza.

COSA ACCADE SE VINCE IL SI: parlamentari ridotti da 945 a 600

Se vincerà il Sì, la composizione del Parlamento cambierà a partire dalla prossima legislatura. Alla Camera i deputati passeranno dai 630 attuali a 400. Il Senato invece da 315 diventerà a 200 seggi. Saranno ridotti anche i parlamentari eletti dagli italiani all’estero: passeranno da 12 a 8 e i senatori da 6 a 4. Verrà inoltre stabilito un tetto massimo al numero dei senatori a vita nominati dai presidenti della Repubblica: mai più di 5.

A cambiare saranno anche i regolamenti delle due Camere. Ciascun parlamentare avrà poi più peso e responsabilità, in particolare quando si tratterà di eleggere figure chiave quali: cinque giudici della Corte costituzionale, un terzo dei membri del Consiglio superiore della magistratura, il Capo dello Stato e la votazione per la sua eventuale messa in stato di accusa.

Cosa non cambierà in ogni caso sarà invece il bicameralismo perfetto o paritario. Le due Camere continueranno infatti ad esercitare esattamente le stesse funzioni.

I costi legati alla macchina politica e amministrativa, invece, si ridurrebbero: secondo le stime il risparmio annuo sarebbe di 53 milioni alla Camera e di 29 milioni al Senato ma si tratta di un dato esiguo visto che rappresenta appena intorno allo 0,005% del debito pubblico italiano secondo Pagella Politica.

COSA ACCADE SE VINCE IL NO: PARLAMENTO INVARIATO

Se a prevalere sarà invece il No, resterà l’assetto istituzionale conosciuto fino ad oggi. Ciò non toglie che ci sarà un contraccolpo politico. Sicuramente il successo del No sarebbe uno smacco notevole per M5s, che di questo tema ha sempre fatto uno dei suoi principali vessilli.

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