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Sicilia. Covid, l’appello del Cts: «Chiudete tutto per 2-3 settimane»

E’ vero che nell’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità l’indice Rt è in discesa da 1,42 a una stima di 1,28 ma non basta. La Sicilia al momento rimane arancione e, all’orizzonte da più parti aleggia il fantasma di un secondo lockdown nazionale che, secondo indiscrezioni, potrebbe essere dichiarato tra domenica sera e lunedì prossimo.

Fatto sta che sull’indice di trasmissibilità che porrebbe la Sicilia a 1,28 si è aperto un dibattito con alcuni esperti.
Ad auspicare una chiusura totale, a patto però di pianificare e organizzare subito i successivi passaggi è il professore Cristoforo Pomara, ordinario di Medicina Legale all’Università di Catania e componente del Comitato tecnico scientifico della Regione per l’emergenza Covid-19.

«Troppo presto per trarre frettolose conclusioni, al di là di indici, colori e screzi politici, ciò che conta sono i pazienti, i siciliani e l’isola. Mi preoccupa, come cittadino e come tecnico, questa quota di litigiosità diffusa a tutti i livelli in un momento in cui, al contrario, serve unità di intenti e compattezza contro il virus. Mi preoccupa vedere il lungomare, le spiagge e i mercatini affollati: lì il virus corre. Io sono d’accordo con la gran parte dei colleghi in prima linea negli ospedali, per chiudere tutto e tutti per 15-21 giorni. Si vuol cominciare dalle Città metropolitane? Lo si faccia, per poi vedere come va. Credo anche che andrebbero chiuse tutte le scuole di ogni ordine e grado, e lo dico con la morte nel cuore da docente. Tutto questo oggi è necessario per prendere fiato e per provare a non bloccare il resto dell’offerta assistenziale. È l’unica arma che abbiamo per arrestare il progredire del virus».

Pomara aggiunge: «Sono per la chiusura di tutto e tutti, ma solo se già da ora ci si mette d’accordo sull’estate non sul Natale. Vogliono aspettare il vaccino? Sbagliato. Serve anche un piano B: riorganizzare il Natale, la Pasqua il Primo maggio e l’estate. Va fatto ora, a livello regionale e nazionale. A livello nazionale si riparta dal decreto delle istituzione delle Usca e si integri subito il modello della prestazione generalistica integrata, non si può più prescindere dal contributo della Medicina Generale. Si parta dalla riprogrammazione degli accessi alle facoltà di medicina, si riveda il sistema di specializzazione anche dei medici di medicina generale. Non possiamo stare sempre a parlare di afinalistiche chiusure senza programmazione e organizzazione. Non ha più senso».

Dice la sua anche l’infettivologo Alessandro Bivona: «Secondo me il dato che fa rimanere la Sicilia di colore arancione è il numero dei ricoverati in terapia intensiva valutati per età e patologie concomitanti e il numero dei morti anch’essi valutati per età e patologie concomitanti. L’indice di trasmissibilità Rt è stato in un primo momento enfatizzato, poi ridimensionato ed ora è tornato in auge, però ricordiamoci che risente di tantissime variabili (come ad esempio gli asintomatici) e da clinico e non da epidemiologo a me interessano i malati che vengono ricoverati per patologie gravi e quelli che purtroppo non ce la fanno».
Ed intanto, la Sicilia pensa a fronteggiare l’onda d’urto dell’aumento dei nuovi positivi.

Il dirigente generale del Dipartimento Pianificazione strategica dell’assessorato regionale alla Salute, Mario La Rocca, ha inviato una circolare a tutti i direttori generali delle aziende sanitarie, ospedaliere e Policlinici chiedendo di organizzare gli ospedali. Insomma bisogna prepararsi al peggio.

«Qualora si rilevassero carenze di organico all’interno dei reparti impegnati nell’assistenza dei pazienti Covid e nello specifico di malattie infettive, pneumologie, Utir e aree di emergenza – scrive La Rocca – bisogna integrare la dotazione impiegando dirigenti medici strutturati individuati tra discipline equipollenti o affini e successivamente anche di altre unità operative».

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