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Tonia, 27 anni: “Io, laureata sfruttata e costretta ad andar via, l’intervista

L’intervista: “Guida turistica, ma non mi assumevano mai. Ripetizioni, cassiera… poi la svolta: a Torino”

Appena laureata in Lingue della Comunicazione all’Università Suor Orsola Benincasa, Tonia Fusco, 27 anni, ha cercato senza sosta un lavoro. Ha davvero fatto di tutto per restare in Campania, nella sua terra. Con il sogno di diventare traduttrice, nell’attesa di un’occupazione quanto meno inerente ai suoi studi e mai arrivata, ha lavorato anche come cassiera in una pescheria. Dopo quasi due anni di ricerche, centinaia di curriculum inviati, lavori non retribuiti o sottopagati la decisione che mai avrebbe voluto prendere. Andare via. A settembre del 2022 Tonia si è trasferita dalla provincia di Caserta a Torino, diventando così una delle migliaia di giovani che lasciano la Campania per lavorare al Nord.

Tonia com’è nata la decisione di trasferirti per lavoro al Nord?
“Non ne potevo più. Ho cercato per molto tempo un’occupazione a Napoli, a Caserta e in tutta la Campania. Con grande entusiasmo ed impegno. Alla fine per lo sconforto ed il nervosismo mi sono anche ammalata di gastrite, sono stata davvero male.
Mi sentivo come chiusa in una bolla. Allora ho detto “Basta, cerco altrove e vado via””.

Ci racconti del periodo in cui hai cercato lavoro qui?
“Non si può di certo dire che non abbia provato. Ho fatto davvero le corse per laurearmi e con ilmassimo dei voti proprio perché volevo iniziare a lavorare fin da subito. Ho tentato prima tramite l’università ad avere contatti col mondo del lavoro, ma senza alcun risultato. Da casa, poi, inviavo la media di trenta curriculum al giorno. Spesso senza risposta, oppure nel caso di grandi aziende venivo contattata per le sedi che si trovavano a Roma o a Milano, mai per quelle a Napoli. Per insegnare nelle scuole, poi, le graduatorie erano strapiene. I lavori che sono riuscita a trovare inerenti ai miei studi erano sempre non retribuitio sottopagati”.

Che tipo di lavori hai svolto?
“Conoscendo l’inglese e il francese ho tentato anche nel settore del turismo come guida presso i siti turistici, ad esempio gli scavi di Pompei. Le società dopo un periodo di prova non pagato, non assumevano mai. È capitato più volte a me come ad altri amici. Oppure nella migliore delle ipotesi proponevano stage di 600 euro senza alcuna possibilità di crescita. Appena parlavi di assunzione ti mandavano via. Ho insegnato poi in una scuola paritaria ma in molti di questi istituti, qui da noi, funziona così: ti danno il punteggio e non pagano. Non versano neanche il rimborso spese. Così dopo un anno ho ricevuto solo 450 euro per gli esami di Stato. Ho fatto anche ripetizioni private e mentre cercavo nel mio campo, ho lavorato anche come cassiera in una pescheria ed anche in una gelateria per guadagnare. Lavori che non avevano nulla a che fare con quello per cui ho studiato e dove paradossalmente ho avuto un contratto e paghe migliori”.

Cosa hai provato?
“Rammarico, delusione e frustrazione”.

Come sei finita poi a Torino?
“Presa dallo sconforto ho chiesto consiglio a un sindacalista. Mi ha detto: “Se vuoi lavorare cerca al Nord, più sali più trovi cattedre”.
E così oggi insegno francese in una scuola media di Settimo Torinese, un Comune di cui neanche sapevo l’esistenza.
Faccio la pendolare da Torino, tra metropolitana e treno in un’ora sono a lavoro”.

Come ti trovi?
“Bene. Insegno le materie che ho studiato, sono indipendente e ho un contratto con uno stipendio di 1200 euro al mese. Con la prospettiva dopo giugno di passare a 18 ore e a 1500 euro al mese. Certo è dura stare lontano dalla propria terra, la famiglia e gli amici. Ho vissuto momenti difficili”.

Quanti colleghi sono del Sud?
“Nella mia scuola la metà. Ci sono tantissimi campani, siciliani e calabresi”.

Se trovassi lavoro torneresti in Campania?
“Ora sono qui e mi concentro su quello che sto facendo, ma magari un domani se dovesse esserci un concorso… Anche se il mio sogno è quello di costruirmi una solidità economica per lavorare come traduttrice a partita Iva”.

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“Fa rabbia. Spesso accusano i giovani che non ci impegniamo abbastanza, ma invece le opportunità da noi sono pari a zero. O ti sfruttano o sei costretto ad andare via”. (LaRepubblica)

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