Piovono eminenti critiche sulla relazione sulla gestione dei beni confiscati, presentata dall’Antimafia regionale presieduta da Claudio Fava.
Le critiche sono state espresse in una nota congiunta dal rettore Unipa Fabrizio Micari, dal professor Alessandro Bellavista, direttore del Dipartimento di scienze politiche e dal professor Aldo Schiavello, direttore del Dipartimento di giurisprudenza.
I tre accademici difendono i corsi di Alta formazione per amministratori giudiziari organizzati dall’Ateneo, a partire da 2010, e di cui si metterebbe in dubbio l’efficacia formativa . “Apprendiamo- scrivono- che, nella relazione conclusiva dell’inchiesta sui beni sequestrati e confiscati in Sicilia, approvata dalla Commissione parlamentare regionale sul fenomeno della mafia, si trascrivono le dichiarazioni di un tal Cavallotti rese in audizione. Secondo questa figura, identificata come ‘imprenditore’, ‘si facevano corsi di alta formazione…si davano attestati alle persone che partecipavano, quindi, in due giorni si pensa di insegnare agli avvocati e ai commercialisti come si amministrano aziende… chi teneva questi corsi? I giudici, gli amministratori, i prefetti…ma che competenze manageriali possono avere questi soggetti?'”.
“Si tratta – si legge nella nota – di un’evidente allusione alla consolidata esperienza formativa condotta dall’Universita’ di Palermo.”.
“Avviati nel 2010, per iniziativa dell’allora rettore Roberto Lagalla e dell’allora direttore del Dems Giovanni Fiandaca, i corsi di Alta formazione per amministratori giudiziari – spiega la nota – sono proseguiti con successo per sei edizioni fino al 2017. Con la partecipazione di centinaia di professionisti provenienti da tutta Italia e i migliori esperti del settore come docenti“. I corsi duravano almeno 120 ore nell’arco di sei mesi. Ed erano organizzati in collaborazione con l’Agenzia nazionale e la Procura nazionale antimafia. Le ultime edizioni anche con la neonata Autorità anticorruzione (ANAC). Nonché con il supporto degli ordini professionali degli avvocati e dei commercialisti di Palermo.
Scrivono i vertici dell’Ateneo: “Consideriamo sorprendentemente ingiustificate tali dichiarazioni. Sono contenute in una relazione elaborata da una Commissione che, vista la loro evidente gravita’, avrebbe dovuto preventivamente approfondire il tema. Magari attraverso un’interlocuzione e il confronto con gli studiosi che hanno svolto, a vario titolo, un ruolo sia organizzativo sia didattico nei corsi in questione“.
“Corsi che, peraltro, – spiega la nota – hanno costituito un primo modello di riferimento per analoghe esperienze formative avviate in altre sedi universitarie italiane, a cominciare dall’Universita’ Cattolica di Milano con la quale la nostra Universita’ ha sottoscritto un protocollo d’intesa in virtu’ del quale sono state realizzate due edizioni a Milano del corso palermitano”. “Al contempo, – concludono i vertici dell’Ateneo – nei prossimi mesi avvieremo un laboratorio di ricerca con i nostri migliori ricercatori per sottoporre ad analisi critica il lavoro fin qui condotto dalla Commissione regionale, anche per offrire un supporto, nel quadro della leale collaborazione tra le istituzioni pubbliche, al Parlamento siciliano che eviti in futuro infortuni come quello qui segnalato”.
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