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Università: aumento caso suicidi, gli studenti “Troppa pressione e nessun supporto” – PARTE I

Negli ultimi tre anni almeno una decina di casi. L’aumento dei tassi di suicidio tra gli universitari è una questione di grande preoccupazione per la società. Negli ultimi anni, sempre più giovani studenti universitari stanno perdendo la loro vita a causa di depressione, ansia e stress. Questo trend è allarmante e richiede un’attenzione immediata da parte delle istituzioni accademiche e della società in generale.

La pressione per eccellere accademicamente, la difficoltà a mantenere relazioni sociali sane e la mancanza di supporto emotivo sono alcune delle cause alla base di questa tragica situazione. Gli studenti universitari devono affrontare una quantità enorme di stress quotidiano, che spesso li porta a sentirsi sopraffatti e senza speranza.

L’episodio più recente, quello della ragazza di 19 anni trovata morta nei bagni dello IULM di Milano, dopo – sembra – impiccata con una sciarpa, ha riaccesi riflettori in modo fragoroso sulla questione. Se non altro per le modalità, che impediscono di restare indifferenti: dal luogo scelto (l’università, la fonte del suo malessere), in disparte (come si deve essere sentita negli ultimi mesi),portando con sé un biglietto che spiega le motivazioni del gesto e che lascia poco spazio a equivoci. Non è un caso isolato.

Ora in tanti si interrogano. Tra qualche giorno, probabilmente, il clamore scemerà rapidamente. Sarebbe un errore gravissimo. Perché non solo il fenomeno va avanti con dinamiche simili da anni e anni. Ma negli ultimi tempi, forse anche per l’effetto della pandemia, che ha amplificato il malessere psicologico dei più giovani, i numeri stanno crescendo preoccupantemente. Noi, da sempre seguiamo questo tema raccogliendo puntualmente i casi di universitari che si suicidano (o tentano di farlo – come non ricordare Norman Zarcone, dell’Università di Palermo) per motivi di studio – perlomeno quelli che balzano alle cronache – ha notato che la media annuale di questi episodi sta crescendo: di circa uno-due casi l’anno, dal lockdown in poi si è arrivati anche a quattro casi accertati nel solo 2022. Solamente nell’ultimo triennio si parla di una decine di morti. In uno scenario che vede crescere i suicidi tra i giovani anche complessivamente: nel 2021 il 12% dei decessi in età compresa tra i 15 ed i 2 anni è da attribuirsi a un gesto estremo. Tra quelli più recenti, ha fatto scalpore quella di Riccardo, il 26enne della provincia di Padova che lo scorso novembre, a bordo della sua auto, si è andato a schiantare volutamente contro un albero lo stesso giorno in cui avrebbe dovuto laurearsi in Scienze Infermieristiche; peccato che all’università la sua discussione non era prevista. Perché il peso delle bugie, che in molti adottano per allentare la pressione e allontanare domande scomode, può diventare letale. E accomuna tante altre storie. Come quella del 23enne di origini abruzzesi che solo poche settimane prima, a inizio ottobre 2022, è stato ritrovato cadavere nel fiume Reno, a Bologna: anche lui aveva annunciato alla famiglia la data della laurea, ma era ben distante dalla fine del suo percorso; da qui l’estremo gesto.La stessa dinamica che, per uno strano scherzo del destino, ha interessato la morte di un altro studente abruzzese, un 29enne della provincia di Pescara, iscritto sempre a Bologna ma frequentante il campus di Forlì, che esattamente un anno prima (ottobre 2021) aveva addirittura convocato la famiglia per assistere alla discussione della tesi. Mentre i genitori arrivavano in città, però, lui faceva perdere le sue tracce andando a gettarsi da un ponte non c’era nessuna laurea in vista, gli mancavano ancora parecchi esami. Anche nella mente di chi ha una storia apparentemente “positiva”, però, può scattare la molla suicida. E’ il caso dello studente iscritto al terzo anno di Medicina a Pavia che all’inizio della pausa estiva (25 luglio), di fronte alla paura di non riuscire a restare in regola con gli esami per qualche giro a vuoto, con il rischio di perdere la borsa di studio per il successivo anno accademico, compromettendo forse la permanenza in città e di riflesso il proprio percorso di studi, ha reagito nel peggiore dei modi, togliendosi la vita all’interno dello pensionato in cui era ospitato, spiegando le ragioni del suicidio in una lettera inviata al rettore dell’università. Nemmeno le eccellenze restano fuori da questo triste bilancio. Lo dimostra vicenda di Claudio, il 18enne della provincia di Salerno trovato impiccato New York a febbraio 2022. Lui ancora non andava all’università, ma voleva entrarci dalla porta principale; per questo si trovava negli Stati Uniti, per frequentare un prestigioso college e ottenere una certificazione internazionale che gli avrebbe permesso l’accesso agli atenei più prestigiosi. Un compito andato male, dopo aver tentato di copiare, a cui pare siano seguite punizioni estreme da parte della scuola l’ipotesi più probabile che ha portato a quel gesto.

Questo per limitare lo sguardo agli ultimi dodici mesi. Perché, come detto, le cronache sono piene di suicidi, riusciti o tentati, per “motivi di studio”. Torino, Roma, Napoli, Nord, Centro, Sud: nessuna area geografica è stata risparmiata da tragedie più che evitabili. Volendo fare un’analisi più approfondita, proprio la vigilia(teorica) della laurea sembra essere il momento più critico. Quando, cioè, si devono scoprire le carte e la vergogna di mostrare il bluff prende il sopravvento sulle menti più fragili. Ma, ultimamente, il baratro si apre anche prima del tempo, poco dopo essere entrati in un mondo che per qualcuno diventa una gabbia. La storia di questi giorni lo certifica.

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