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Università e crisi, si iscrivono solo tre diciannovenni su dieci

Solo tre diciannovenni su dieci si immatricolano. Un dato allarmante che, guardato con gli occhi della crisi, spiega molte cose, diviene più chiaro. L’emorragia economica – oltre a mandare sul lastrico decine di famiglie, con la chiusura quasi “forzata” delle attività commerciali – coincide e si sovrappone anche all’emorragia di laureati e di iscrizioni alle università.

Il calo è vistoso, dal 2003 (anno del massimo storico di 338mila) al 2012 (con 270mila) il livello si è abbassato del 20 percento.

L’indagine condotta da Almalaurea su un campione di 230mila laureati, dati alla mano, rivela così che per l’Italia sia ancora lontano l’obiettivo europeo di 40 laureati ogni cento persone tra i 30 e i 34 anni. Colpa della crisi, certo. Ma anche del sospetto che, poi, la laurea non sia così decisiva. «I manager italiani laureati sono passati dal 14,7 percento del 2010 al 24,5 del 2012, ma sono ancora pochi – spiega Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea -. Possono imprenditori non laureati apprezzare il valore di un titolo universitario?».

Ma non tutto il male viene per nuocere direbbero i più saggi. Dall’indagine, infatti, emerge che chi si immatricola è più motivato. Il profilo degli studenti d’Italia si staglia nitido. Sempre meno gli studenti che finiscono fuori corso, la metà rispetto a dieci anni fa. Su cento laureati, quelli che finiscono gli studi entro il primo anno fuori corso sono 65 di primo livello, 58 a ciclo unico, 82 magistrale. Nel 2004 erano 37 su cento. E c’è anche un record da segnalare: solo 13 laureati su cento – tra quelli del 2013 – hanno terminato gli studi in ritardo di quattro anni o più.

Sempre più numerosi anche coloro che ottengono il titolo giovanissimi: nel 18 percento dei casi, addirittura a meno di 23 anni, complice anche la riforma del 3+2 che ha abbassato l’età dei dottori. L’età media alla laurea è oggi di 25,5 anni contro i 27,8 del periodo pre-riforma, ma rimangono comunque troppi. Lo confermano del resto i dati sui fuori corso.

E dulcis in fundo, emerge che le donne hanno voti più alti: si laurea in corso il 45% delle donne contro il 40% degli uomini; il voto medio di laurea è pari a 103,3 su 110 per le prime e a 101,0 per i secondi. Più zelanti per vocazione? Forse è soprattutto una necessità: nonostante i loro risultati infatti, è noto, le donne incontrano difficoltà maggiori degli uomini sul mercato del lavoro. Di fatto, per riuscire a realizzarsi devono essere più qualificate di un collega maschio.

Cresce, infine, la presenza nelle aule delle nostre università di giovani laureati provenienti da altri Paesi: oltre 7.300 negli atenei aderenti ad Almalaurea nel 2013 contro i 2.200 nel 2005.

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