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Università, le città più care d’Italia, dove costa di più essere fuorisede?

Un’analisi sul caro affitti per famiglie e studenti fuorisede in Italia. Ecco le città universitarie meno budget-friendly.

Un’analisi sul caro affitti per famiglie e studenti fuorisede in Italia. Ecco le città universitarie meno budget-friendly.
Le proteste di una studentessa per il caro affitti

Studiare costa caro. Alla vigilia del nuovo anno accademico arriva uno studio – il rapporto di Immobiliare.it Insights – che fa il punto sulle spese che gli studenti fuorisede dovranno sostenere, soprattutto in materia di affitti.

I risultati continuano ad evidenziare profonde falle nel sistema e, dopo il caso milanese e le proteste dilagate in tutta la penisola contro le speculazione dei locatori a scapito dei giovani, i nuovi dati confermano un’andamento in rosso del fenomeno. Ecco la classifica dei costi per appartamenti e stanze singole delle varie città d’Italia.

Città universitarie più costose: la classifica del caro-affitti

Gli esperti di Immobiliare.it come ogni anno hanno analizzato il mercato abitativo per evidenziale quali siano le città universitarie più costose d’Italia per chi cerca o è costretto a scegliere un’istruzione superiore lontano da casa.

Il rapporto ci dice che continua a crescere la coda lunga dei rientri post-Covid con una richiesta per singole salita del 27% rispetto al 2022 e sensibili rincari.

Al primo posto con un costo medio di un appartamento fissato a 626 euro c’è Milano che registra un aumento dell’1 per cento rispetto al 2022. Al secondo posto con ampio distacco c’è Bologna con aumenti dell’8% e tariffe di 482 euro mentre, stabile rispetto al 2022, si posiziona Roma con 463 euro. In quarta posizione Firenze e richieste medie di 435 euro. Restiamo ancora sopra i 400 euro al mese con Modena e Bergamo, rispettivamente con prezzo medio di 412 e 411 euro, e Padova e Verona con «listini» da 404 euro e 401 euro ognuna. Scatto verso i 300 euro solo con le ultime due città della top 10: Venezia (396 euro) e Brescia (385 euro).

Anche le stanze singole sono in aumento

La situazione non migliora neppure ridimensionando gli standard e accontentandosi della singola stanza in un appartamento condiviso con coinquilini e coinquiline.

Emerge così, ancora una volta, il «record» del capoluogo lombardo (348 euro il prezzo medio) seguita da Roma (272 euro di media) e Napoli (258 euro). Quarto e quinto posto per Firenze a quota 255 euro e Bologna con 249 euro. C’è poi Padova a 231 euro (nonostante un decremento del 12% rispetto al 2022) e Modena dove si chiedono circa 226 euro di media a posto letto. A chiudere – con cifre tra i 220 e i 210 euro – le città di Torino, Verona e Pavia che scalzano di poco la città di Venezia, undicesima posizione nazionale.

Razionalizzando i singoli incrementi nel corso di un solo anno la situazione resta critica:

  • Bari +29%.
  • Brescia +18%
  • Palermo +18%
  • Parma +16%
  • Pescara +16%.

Leggere contrazioni solo per Firenze e Trento, rispettivamente al -4% e -2%.

Mancano vere soluzioni abitative studentesche

A fronte dei costi in rapida e progressiva ascesa si accende ancora il cocente problema sulla mancanza diffusa di politiche abitative studentesche sostenibili. Purtroppo, a differenza della maggior parte dei Paesi UE, l’Italia è ancora lontana dal sanare il proprio gap sul fronte dei fondi per il diritto allo studio degli studenti fuorisede.

Questo meccanismo – inevitabilmente – pregiudica ancor di più la possibilità di accesso e di scelta del proprio percorso accademico da parte di chi non può contare sull’appoggio della propria famiglia. L’unico strumento di lieve sollievo sembra quello delle detrazioni delle spese – nei limiti del possibile – dalla dichiarazione dei redditi del proprio nucleo familiare.

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Ma il problema è di natura profonda e strutturale. Riprendendo un’analisi recedente de il Sole24Ore vediamo infatti come «la copertura dei posti letto offerti agli studenti universitari fuorisede, pari al 40 per cento degli iscritti, si attesta intorno al 10,5 per cento» – suddivisa tra l’8,1 per cento del totale in gestione autonoma e da un restante 2% in mano a strutture private. Lo scarto è considerevole, soprattutto considerando che tasso di copertura medio europeo imporrebbe un livello pari ad almeno il 20% degli studenti fuorisede.

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