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Inquinamento acustico, l’udito di più di un miliardo di giovani è a rischio

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha verificato che entro il 2050, ovvero fra 29 anni, quasi 2,5 miliardi di persone dovranno convivere e subire una condizione drastica di calo di udito.

In particolare 1 miliardo di giovani rischieranno di perdere l’udito. In maniera preventiva, malgrado la giovane età.

Tra i fattori di rischio più importanti e verificati, c’è l’esposizione a fonti di rumore eccessivo. Il cosiddetto inquinamento acustico, soprattutto in contesti di relax e lavorativi.

Decibel e inquinamento acustico

Il livello di decibel usato è spesso trovato elevato nella maggior parte dei casi. Questo innalzamento del volume rende l’udito di ciascuno di noi più vulnerabile. E può accelerare l’insorgenza e l’arrivo di un calo, quasi naturale, dell’udito legato al passare degli anni.

Non solo l’udito comunque rischierebbe a causa dell’inquinamento acustico. Numerosi studi hanno dimostrato che l’uso eccessivo di decibel può aumentare il rischio di disturbi dell’umore. Ma anche accrescere le probabilità di insonnia e causare fastidiose emicranie croniche.

Come combattere l’inquinamento acustico

L’inquinamento acustico è di certo meno visibile di quello ambientale. Ma dei modi per combatterlo ci sono. Per esempio con il tema del traffico. Il 40% dei Paesi Europei è esposto al rumore del traffico stradale, e chi passa da Viale Regione lo sa. Il livello di decibel del traffico è superiore a 55 decibel. Mentre il limite da non superare è proprio 55 decibel.

Un modo per combattere questo inquinamento poco visibile è ad esempio cambiando il manto stradale. Si potrebbero inserire i tipi di asfalto fonoassorbente o anche adottare una migliore gestione dei flussi di traffico.

Sarebbe anche utile la predispozioni di aree verde o la diminuzione dell’audio nelle cuffiette, che potrebbero danneggiare permanentemente l’udito. Soprattutto dei più giovani.


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A proposito dell'autore

Mi chiamo Morana Alessandro, classe 2000, palermitano. “non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”