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Mafia, 39 anni fa l’uccisione del Generale Dalla Chiesa: simbolo dei palermitani onesti

Il 3 Settembre 1989, la mafia uccideva il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Ancora oggi, dopo 39 anni, il ricordo del Generale e del suo operato resta vivo nelle menti e nei cuori dei palermitani onesti.

Carlo Alberto Dalla Chiesa: biografia

Carlo Alberto Dalla Chiesa nasce a Saluzzo, comune della provincia di Cuneo, nel 1920. Dopo aver conseguito a pieni voti la laurea in Giurisprudenza, entra a far parte dell’Arma dei Carabinieri come sottotenente, distinguendosi subito per il suo impegno e per la devozione alla divisa che indossa. Nel 1948, riceve il suo primo incarico in Sicilia, nel Comando forze repressione banditismo. Qui, inizia la sua esperienza più importante nella lotta alla mafia, con l’incriminazione di Luciano Liggio e l’arresto di altri 76 capi mafiosi, tra il 1966 e il 1973. Nel 1981 arriva la promozione a generale per combattere il terrorismo, smantellando l’organizzazione delle Brigate Rosse. Nello stesso anno, fu mandato a Palermo come prefetto antimafia, ricoprendo la carica per soli 100 giorni.


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L’agguato mafioso

Il 3 settembre del 1982, mentre tornava dal palazzo della Prefettura, in Via Carini, a bordo della sua A112 bianca guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, con la quale il generale era sposato in seconde nozze, si affianca una BMW 518 guidata da Antonio Madonia, che scarica i colpi di un AK-47 sulla A112 e sull’Alfa Spider guidata dall’agente di scorta, Domenico Russo. Il sangue dei tre copre ogni cosa: abiti, auto, asfalto. Per i brutali omicidi, vengono condannati all’ergastolo come mandanti i vertici di Cosa Nostra, tra cui Totò Riina e Bernardo Provenzano.

La disperazione dei palermitani onesti

Il giorno dopo, un anonimo lasciò un cartello sul luogo dell’attentato: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. Il grido disperato dei palermitani si levò forte quel 3 settembre, perfettamente sintetizzato nel monologo finale di Mimmo Cuticchio per la pellicola 100 giorni a Palermo.

Una città risvegliata ma non sanata, perché ancora tanto dolore l’avrebbe invasa nei drammatici anni a venire. Ogni anno, per il giorno della commemorazione, viene deposta una corona di fiori nel luogo della strage.

“Ci sono cose che non si fanno per coraggio. Si fanno per potere continuare a guardare serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei propri figli. C’è troppa gente onesta, tanta gente qualunque, che ha fiducia in me. Non posso deluderla”.

Carlo Alberto Dalla Chiesa.


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A proposito dell'autore

Laureata in Giurisprudenza a Palermo con una tesi di diritto penale, non ho mai abbandonato la mia passione per la scrittura. Curiosa ed ambiziosa, cerco di rinnovarmi continuamente.

1 risposta

  1. Giovanni

    Esistenza Esempio luminosa. Martire caduto per impedire alle mafie l’annientamento della democrazia nel nostro paese