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Ricercatore emigrato torna in Italia, ma confessa: “Qui per noi giovani è tutto più difficile”

A volte ritornano, ma non è tutto rose e fiori. Il ricercatore GianVito Vilé, laureato in Italia ma dottorato all’estero, decide di tornare a Milano. “Mi sono laureato al Politecnico, ho conseguito un dottorato a Zurigo e poi sono tornato a Milano per fare il ricercatore”, racconta Vilé in un’intervista all’Espresso.

“Qui ho un mio laboratorio, finanziato grazie al Politecnico e ai fondi dell’azienda farmaceutica Bracco. Senza il contributo da un milione di euro dell’industria privata non sarei qui”. Il ricercatore poi tende a sottolineare che la vita dei ricercatori è incredibilmente difficile.

“Richiede dedizione e la capacità di muoversi fra i bandi di finanziamenti pubblici italiani ed europei. La vera critica è che in Italia non abbiamo, come in Svizzera, in Germania, in Olanda, in Austria, un fondo nazionale dedicato al finanziamento delle idee innovative. Ci sono ottime storie di ricerca in Italia, che tuttavia fioriscono su un terreno più arido e impervio rispetto al resto d’Europa”.

“Per questo molti colleghi scelgono di far fiorire il proprio progetto altrove. Succede perché qui manca un’apertura nei confronti dei giovani che hanno idee coraggiose e perché non si è compreso che, per portare avanti un’attività sperimentale, come la mia, servono laboratori attrezzati che costano diverse migliaia di euro e serve tempo per fare esperimenti e arrivare a una soluzione”. Una grossa perdita per lo Stato che prima investe il denaro pubblico per formare delle brillanti menti e poi le offre, molte volte contro la loro volontà, ai paesi esteri.

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