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Un anno fa si suicidava una studentessa, una collega: “Chiedeteci come stiamo”

Esattamente un anno fa, il 24 gennaio del 2020, avvenne il suicidio di una studentessa di Medicina di soli 29 anni. Per tutto il corso di studi del campus universitario di Fisciano, in Campania, quella fu una ferita e un taglio nel cuore. Le motivazioni che si dettero dietro quel gesto estremo furono lo stress legato agli esami e la paura e pressione di fallire il corso di laurea o di laurearsi fuori corso.

A provare a raccontare lo smarrimento e le paure della giovane suicidia, subito dopo la scoperta del suicidio, è stata un’altra collega e coetanea. Il suo nome è Antonella Moschillo, anche lei studia Medicina, ma a Roma, e proprio un anno fa dedicò una lettera commovente alla povera studentessa.

La lettera per la studentessa suicidia

La lettera trattò il tema delle perdite degli studenti a causa dell’impegno: “…Il fatto è che in tutto ciò siamo fatti di altre cose, di pezzi di famiglia, per esempio, gli 80 anni di nonno, Natale, la festa di quartiere, i libri comprati e non letti, i viaggi, il tempo per avere cura degli anni, per avere cura degli altri, per avere cura di noi. Solo che il tempo per queste cose non ci basta mai. Il problema non è la laurea abilitante, era un esempio. Era un esempio per dire verso cosa e come si muove il mondo. Dobbiamo essere più veloci, più competitivi, ci stanno dicendo di correre, senza sbagliare, nemmeno uno, nemmeno un solo colpo. E se sbagli pazienza, sei fuori. Ognuno ha i suoi tempi e invece no. Altra giro altra corsa”.

Come si arriva al suicidio?

La lettera poi si pone come sia possibile che una ragazza abbia visto come unica strada il suicidio: “Io non so perchè ieri una ragazza di 29 anni che un tempo studiava medicina ha deciso di togliersi la vita, ma so che all’Università devi incontrare opportunità, colori nuovi. Devi incontrare conoscenze, persone, progetti, idee, devi incontrare gli amici, devi incontrare l’amore della tua vita, non devi incontrare la morte. E se la incontri, se la scegli qualcosa non ha funzionato. E allora cosa non ha funzionato?”.

“…Ai calendari abbiamo tolto le feste, che speriamo sia sempre di 31 giorni il mese, che l’università diventa tutto. Che i nonni alla fine li chiamo domani, e a fare la spesa ci vado nel fine settimana e quel libro sulla scrivania fa niente, lo inizio la prossima volta. I successi sono bellissimi, ottenere risultati, fare bene, raggiungere obiettivi, sforzarsi, lavorare, lavorare duro, è tutto bellissimo”.

Non è semplice

Ma smettetela di pensare che è semplice, che siamo cavalli di razza. E vinciamo sempre, che tanto siamo bravi, non siamo bravi, siamo imperfetti, corriamo ognuno a una velocità diversa perchè ognuno fa i conti con i suoi di ostacoli, con i suoi di limiti. Ognuno si accudisce il suo tempo e i suoi fallimenti e se tifate per noi solo continuandoci a dire di correre correre correre non ce la facciamo più, rischiamo di cadere nel vuoto, in una mattina di Gennaio e farci male sul serio.”

L’appello della studentessa: ” Chiedeteci come stiamo”

Poi arriva l’appello che la studentessa scrisse un anno fa: “Fateci un favore, chiedeteci come stiamo. Se vogliamo prendere un caffè, chiedeteci di andare a vedere un film al cinema, se prepariamo un dolce insieme, non chiedeteci quand’è l’esame. Se siamo preparati, quand’è il prossimo, se vogliamo ve lo raccontiamo noi, e noi studenti, diciamoci cose belle, prendiamoci cura gli uni degli altri, stiamoci vicini, ne abbiamo bisogno un po’ tutti”.


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A proposito dell'autore

Mi chiamo Morana Alessandro, classe 2000, palermitano. “non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”