Università: Ecco Perché Oggi avere una Laurea Non Basta Più per un Lavoro Stabile
La laurea non è più sinonimo di lavoro sicuro: ecco perché i giovani si sentono traditi dall’università che non garantisce più stabilità né futuro.

Un tempo bastava conseguire una laurea per sentirsi al sicuro. Era il lasciapassare per un lavoro stabile, ben retribuito e coerente con il percorso di studi. Oggi, però, questo meccanismo si è inceppato. Sempre più giovani si confrontano con una realtà ben diversa, dove il titolo di studio non rappresenta più una garanzia ma, spesso, solo un punto di partenza incerto.
Negli Stati Uniti, il tasso di disoccupazione tra i laureati ha superato la media nazionale. In Canada e Giappone si osservano tendenze analoghe. Anche le università d’élite iniziano a vacillare: nel 2024, solo l’80% degli studenti MBA di Stanford ha trovato lavoro entro tre mesi, contro il 91% di tre anni prima. Allo stesso tempo, il vantaggio salariale rispetto ai diplomati si sta assottigliando.
L’automazione cambia le regole del gioco
Una delle principali cause di questo declino è l’innovazione tecnologica. L’intelligenza artificiale e la digitalizzazione permettono di apprendere molte competenze al di fuori del circuito universitario. In diversi settori, come quello finanziario e informatico, le mansioni junior vengono automatizzate, rendendo superflua l’assunzione di neolaureati. Non è più sufficiente “sapere”, oggi serve saper adattarsi.
Un tempo erano i graduate programs a lanciare i neolaureati nel mondo del lavoro. Oggi, invece, prevalgono tirocini non retribuiti, contratti a tempo e assenza di prospettive. Secondo l’OCSE, oltre il 40% dei giovani laureati in Europa impiega più di un anno a trovare un lavoro coerente con la propria formazione. E spesso si tratta di occupazioni sottopagate e fuori contesto.
Un sistema che produce troppi laureati per pochi posti
In Italia, Spagna e Francia, l’università è ancora fortemente promossa come via maestra verso l’occupazione, ma il mercato non offre sbocchi reali per molti dei titoli conseguiti. Questo squilibrio crea frustrazione: i giovani si sentono ingannati da un sistema che non li ricompensa e il mercato li percepisce come sovraqualificati ma poco adatti.
Quando si formano più laureati di quanti il mercato possa assorbire, si crea un’eccessiva produzione di élite senza sbocchi. Questo “overproduction of elites” genera instabilità, aspettative disilluse e, talvolta, tensioni sociali. Un problema che rischia di esplodere se non si interviene su formazione, orientamento e connessione tra studio e realtà.
Uno sguardo al futuro: la laurea vale ancora?
In Europa, il valore della laurea resiste solo in parte. Germania, Paesi Bassi, Svezia e Malta registrano ancora alti tassi di occupazione tra i neolaureati. Ma nella maggior parte dei paesi, il titolo accademico non garantisce più l’ascensore sociale che prometteva. E mentre le iscrizioni calano negli USA, anche in Europa cresce la consapevolezza che serve ben altro oltre al pezzo di carta.
Il mondo del lavoro corre più veloce delle università. Finché il sistema educativo non saprà aggiornarsi e preparare davvero alle sfide contemporanee – digitali, flessibili, internazionali – la laurea rischia di perdere il suo valore simbolico e pratico. La sfida è aperta: trasformare la formazione da promessa mancata a leva concreta di cambiamento.