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Università: “Sono un fallimento, non merito di vivere” Il mondo oscuro degli studenti

Ipocrisia della meritocrazia, borse di studio come un ricatto, un sistema classista, un ateneo piegato alle logiche del mercato, una gestione neoliberale dell’azienda universitaria, studenti strozzati dal caro affitti.

Non è tutto rosa e fiori il mondo dell’università. Dietro paillettes e cotillon ci sono studenti e studentesse che faticano a mantenersi, a pagare l’affitto, a rimanere in pari con gli esami. Con pesanti ricadute a livello psicologico: senso di inadeguatezza, depressione, finanche il suicidio. E questo vale specialmente per i più poveri, quelli esclusi dal sogno di una emancipazione e di un welfare degno di questo nome.

A mettere in fila i veri problemi di parte degli studenti che affollano le facoltà è Alessandra De Fazio, presidente del consiglio degli studenti, chiamata sul palco del Teatro Comunale a intervenire durante l’inaugurazione dell’anno accademico.

De Fazio ha raccolto varie testimonianze di colleghi. Ma la più cocente è la sua: “Sono un fallimento, non merito di vivere”. “Queste parole sono uscite dalla stessa bocca della persona che oggi sta parlando di fronte a voi”. quelle parole le ha dette a sua madre “quando, subito dopo il test di medicina, ho percepito di non avercela fatta, per la seconda volta”.

“Come possiamo pensare che il percorso universitario debba essere dettato dai nostri tempi, e che sia di nostra proprietà – chiede De Fazio alla platea – mentre siamo bombardati costantemente dal mito della performatività e da una competizione illogica che ci sbatte in faccia i successi degli altri e ci fa tirare un sospiro di sollievo quando qualcuna fallisce al posto nostro”.

E allora il merito non è più il “sostituto del vecchio ‘privilegio’”. Da esso, invece, “ha ereditato tutto il divario e la disparità, ma con una mutazione acquisita: l’ipocrisia”.

Tra i fogli che la presidente del consiglio degli studenti tiene in mano c’è anche la testimonianza di un’altra sua collega: «Le borse di studio sono un ricatto: se tutte abbiamo lo stesso diritto perché qualcuna dovrebbe essere costretta a tenere tempi più serrati solo perché più povera? Il sistema universitario è classista». Lo afferma chi “come noi si ritrova in un’università smembrata – critica De Fazio – dove i saperi non fluiscono, non si differenziano ma si trovano a dover fare i conti con un’istituzione che disconosce la nostra umanità̀, piegandosi ai ricatti del mercato”.

E non servono nemmeno borse di studio e studentati a garantire il diritto allo studio: “nella realtà accedere a questi servizi diventa molto complesso, a causa di sbarramenti: burocratici, socioeconomici e meritocratici. Ma badate bene, ci viene data la possibilità di redimerci dalla nostra condizione di povertà, a patto di dimostrare di esserne meritevoli, conseguendo risultati eccellenti, entro periodi di tempo cadenzati e ristretti. Tutto ciò allo scopo di misurare quanto siamo performanti e catalogarci giusti articoli di un’intensa produzione con il risultato di generare grandi bilanci sacrificando il benessere e la qualità del percorso accademico”.

Ma chi detta le regole di questa produzione intensiva? “La gestione neoliberale dell’azienda universitaria si traduce nell’applicazione dell’Ffo (Fondo di finanziamento ordinario, ndr), la cui quota premiale trasforma i finanziamenti in premi per gli atenei più numerosi e performanti, defraudando quelli piccoli e considerati improduttivi che si trovano costretti a decidere se elevare la contribuzione studentesca o ad aumentare il numero di iscritti per diventare eleggibili all’assegnazione dei ‘premi’”.

E oltre all’illusione del diritto allo studio (che “deve risiedere nell’emancipazione collettiva e deve essere parte integrante e inscindibile del welfare sociale pubblico”), a complicare la vita degli universitari c’è il caro affitti, che nel territorio estense ha visto, nell’agosto 2022, un aumento dei prezzi di abitazioni del 34% rispetto all’anno precedente.

“Il sovraffollamento, sommato ad un mercato immobiliare inflazionato e sregolato, figlio di un assente piano di edilizia pubblica – continua De Fazio -, permette ai privati di lucrare sulla vulnerabile condizione della comunità studentesca e lavoratrice di tutta Italia, anche di Ferrara, costringendola a pagare prezzi spropositati o ad accontentarsi di abitazioni fatiscenti”.

A questo si aggiunge la necessità di far fronte a tante spese attraverso dei lavori che tolgono tempo allo studio e alla socialità, e il tempo passato su “mezzi di trasporto inefficienti e onerosi”. Per i fuori sede c’è anche la rinuncia “sia a un doppio domicilio sanitario che ci garantisca un vero accesso alle cure che alla possibilità di votare negandoci di prendere parte alle decisioni di questo Paese”.

“La combinazione di questi aspetti è decisiva nel negare il diritto all’emancipazione – avverte De Fazio -. Come ci si può aspettare che la comunità studentesca possa esprimere al massimo le potenzialità accademiche se privata della possibilità di soddisfare i suoi bisogni fondamentali?”.

Si arriva al capitolo salute mentale. E su quest’aspetto arriva un’altra testimonianza indiretta: «Ho barattato la mia salute mentale per terminare in tempo gli studi. inutile dire che non ce l’ho fatta, ho compromesso irrimediabilmente la fiducia in me stesso». Lo afferma uno studente. E allora “chiediamo che il nostro Paese consideri il benessere psicologico diritto fondamentale dell’individuo, al pari della salute fisica, sia con l’introduzione della figura dello psicologo di base ma soprattutto con una riforma sistemica che decostruisca i pilastri meritocratici. Non siamo più disposti ad accettare senso di inadeguatezza, depressione, o perfino suicidi a causa delle condizioni imposte da un sistema malato che baratta la persona per la performance”.

Accedere alla cultura e, conseguentemente, esercitare le proprie facoltà di cittadini, non può essere un privilegio: non ci dobbiamo “meritare” di studiare, di avere una casa, delle cure. Esigiamo questi diritti” conclude De Fazio, che si rivolge ora alle generazioni che hanno preceduto lei e i suoi compagni di studi.

“Concludo aggiungendo che non sono sono d’accordo a definirci ogni volta cittadini del domani, una scusa per procrastinare gli errori che voi, cittadini di ieri, avete fatto e le cui conseguenze le stiamo pagando noi cittadini di oggi. Abbiamo fretta e vogliamo mettervi fretta, più di quella che mettete voi a noi per laurearci, di restituirci un mondo che possa davvero appartenerci”.

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