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Covid, dopo le 18 vendita assorbenti vietata: “Per acquistarli, dimostri di avere il ciclo”

VENDITA ASSORBENTI VIETATA: Alessia Ria, una giovane studentessa di 22 anni di Collepasso, un paesino in provincia di Lecce. La giovane malcapitata di ieri, infatti, una volta uscita dal lavoro (poco dopo le 18), era recata in un supermercato del suo paese.

Per acquistare semplicemente, un pacco di patatine e uno di assorbenti. Una volta raggiunta la cassa, la commessa le ha detto che avrebbe potuto battere lo scontrino solo per le patatine e non anche per gli assorbenti.

Invitandola quindi a riporli nel loro reparto, che era stato inibito al pubblico con dei nastri, di cui la ragazza non aveva tenuto conto, semplicemente perché il ciclo mestruale è un evento della natura che non può arrestarsi neppure in pandemia.

Difatti l’art. 2 dell’ordinanza regionale. Emanata dal Presidente Michele Emiliano recita espressamente che:

con decorrenza dal 27 marzo e fino al 6 aprile 2021, tutte le attività commerciali consentite dal DPCM del 2 marzo 2021, in zona rossa, chiudono alle ore 18:00, ad eccezione delle attività di vendita di generi alimentari, carburante e combustibile, edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie.

La soluzione per acquistare gli assorbenti

Acquistare gli assorbenti in farmacia? Peccato che (in un periodo in cui non c’è lavoro) costerebbero molto di più di quanto sono prezzati in un supermercato e che ancora oggi, lo ripetiamo, marzo 2021 dopo Cristo, sono tassati al 22% e pertanto considerati come un bene di lusso e non di prima necessità. E poi, perché non considerare di prima necessità neppure i pannolini? Pensiamo a una mamma che esce a fare la spesa ed è costretta ad andare in giro per tutto il paese pur di trovare un pacco di pannolini, per non parlare del fatto che in questo modo non si fa altro che aumentare le probabilità di contagio.

Strano che un anno di pandemia non ci sia bastato a rivalutare la scala delle priorità e che siamo ancora incapaci di capire quali siano realmente i beni di prima necessità.

La ragazza ha denunciato il fatto su Facebook, mostrando un cartello che informava che non sarebbe stato possibile acquistare quei prodotti perché non considerati di prima necessità.

“Siamo arrivati all’assurdo – ha scritto sul social la ragazza -. Non solo sono considerati beni di lusso, non solo paghiamo il 22% di Iva, ma adesso devo anche privarmi di un qualcosa di cui io e miliardi di donne abbiamo bisogno ogni mese. Che facciamo, per questa zona rossa non facciamo venire la mestruazione? Sono senza parole”.


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