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Facebook e Instagram, vince il movimento #FreeNipple

Facebook e Instagram potrebbero presto togliere il ban sui capezzoli femminili: il consiglio di sorveglianza di Meta – un gruppo di accademici, politici e giornalisti che danno consigli all’azienda sulle sue politiche di moderazione dei contenuti – ha chiesto una revisione della regola che vieta le immagini a torso nudo delle donne (ma non degli uomini). Ha raccomandato a Meta di modificare il suo standard «in modo che sia retto da criteri chiari che rispettino gli standard internazionali sui diritti umani».

L’opinione del consiglio di sorveglianza fa seguito alla censura, da parte di Facebook, di due post di un account gestito da una coppia americana transgender e non binaria. I post mostravano la coppia in posa, in topless, ma con i capezzoli coperti. Si parlava dell’assistenza sanitaria per le persone trans e si raccoglievano fondi per un intervento chirurgico di alto livello. I post sono stati rimossi da un sistema di intelligenza artificiale. Ma, dopo che la coppia ha presentato ricorso contro questa decisione, Meta ha ripristinato i post.

Il consiglio di sorveglianza ha fatto notare che «la politica (finora in vigore) si basa su una visione binaria del genere e su una distinzione tra corpi maschili e femminili», e questo rende le regole sul ban dei capezzoli «poco chiare» quando si tratta di utenti intersessuali, non binari e transgender. Il gruppo di esperti ha quindi raccomandato a Meta di «definire criteri chiari, obiettivi e rispettosi dei diritti», «in modo che tutte le persone siano trattate in modo coerente».

La campagna #FreetheNipple, per la rimozione del ban sui capezzoli, è stata lanciata nel 2013, ed è stata sostenuta da celebrità tra cui Madonna, Rihanna, Miley Cyrus, Lena Dunham, Aurora Ramazzotti e Chiara Ferragni. 

Un portavoce di Meta, con un comunicato, ha replicato che l’azienda «accoglie con favore la decisione del consiglio in questo caso», facendo notare che le foto della coppia erano state ripristinate ancora prima della sua raccomandazione. «Stiamo costantemente evolvendo le nostre politiche per contribuire a rendere le nostre piattaforme più sicure per tutti. Sappiamo che si può fare di più per supportare la comunità LGBTQ+, e questo significa lavorare con esperti e organizzazioni». Adesso Meta avrà 60 giorni per rispondere pubblicamente alle raccomandazioni del consiglio.

Rimane però aperta una questione: in che modo i sistemi automatizzati di moderazione dei contenuti di Meta saranno in grado di distinguere tra un post in topless e il porno? «Il contesto è tutto, e gli algoritmi sono pessimi nell’analisi del contesto», ha spiegato al Guardian Emily Bell, direttrice del Tow Center for Digital Journalism. «La domanda interessante sarà su come Meta possa creare nuove regole senza aprire le porte al porno, che è il motivo per cui queste regole esistono. Dovrebbe essere possibile, ma sono scettica sul fatto che lo sia se la moderazione dei contenuti è automatizzata».

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