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Università italiana e università tedesca: un confronto impietoso


Dall’università italiana a quella tedesca: il confronto impietoso di una studentessa Erasmus sbarcata a Berlino.

Con il programma Erasmus ho avuto la possibilità di studiare per un intero anno accademico presso la Technische Universität di Berlino, potendo osservare da vicino il sistema d’istruzione tedesco e confrontarlo con quello italiano.

Vogliamo raccontarvi l’esperienza della studentessa italiana, Mara Bisceglie, sbarcata a Berlino per svolgere il progetto Erasmus. Con i suoi occhi ha potuto notare le grandi differenze tra le università italiane e le università tedesche.

Il confronto

Per quanto in Italia non manchino professori ed istituti degni di lode, gli studenti in Germania sono più “coccolati”. Supporto economico, mezzi pubblici gratis, materiale didattico disponibile online, biblioteche aperte anche tutto il giorno, laboratori di ogni genere. In Italia di aule attrezzate ne ha viste poche, la spesa dei libri è completamente a carico degli studenti, gli aiuti finanziari sono esigui, eppure le tasse sono tre volte più alte.

Tuttavia, è anche vero che la Germania può vantarsi di un’economia forte, l’Italia no.

Tralasciando gli aspetti che sono legati a dinamiche più ampie, credo che la differenza sostanziale risieda nel concetto stesso di studente e università. In Italia molti giovani scelgono l’università come unico impiego possibile, dopo aver cercato invano un lavoro o un qualsivoglia posto nella società per costruirsi un futuro. Chiunque abbia un diploma può immatricolarsi, a qualsiasi età. Ci sono persino numerosi corsi di studio che sono noti per la semplicità con cui si consegue la laurea. Evidentemente questo titolo acquisisce sempre meno valore e una volta conclusi gli studi, rimane sempre il grande quesito del lavoro.

L’università tedesca

In Germania invece, l’università non è per tutti. Solo chi, dopo aver frequentato una particolare scuola, è in possesso di un “Abitur” può proseguire la carriera universitaria.

Certo, anche questo sistema ha le sue (molte) pecche, ma funziona più di altri. La procedura d’iscrizione è ancora più complicata per gli studenti stranieri. É anche vero, però, che per i giovani tedeschi la situazione post-scolastica è certamente più florida. Infatti possono scegliere tra le diverse scuole di specializzazione (Fachhoschule) e corsi d’apprendistato (Ausbildung) che garantiscono una formazione più pratica rispetto all’università e un approccio diretto al lavoro. Oppure possono semplicemente lavorare. Anche in campo accademico, non sfugge che lo studente universitario di oggi è il lavoratore di domani.

Lo stretto contatto tra università e lavoro è ciò che, a mio avviso, sancisce la vittoria del sistema tedesco su quello italiano.

L’università italiana

In Italia gli studenti sono valutati tramite esami, spesso orali, durante i quali i professori pongono qualche domanda su un programma vastissimo. Con questa modalità può capitare di essere fortunati e di superare l’esame anche con una scarsa preparazione. Così come accade, al contrario, di non riuscire a passarlo nonostante una preparazione impeccabile.

Certo, dipende da facoltà e facoltà e professore e professore, ma in entrambi i casi, dopo l’esame spesso rimane poco. I concetti appresi rimangono senza applicazione, fino a che, con la corona di alloro sul capo, non conosciamo nulla di un qualsiasi potenziale lavoro. Si forma così una classe sempre più ampia di “laureati precari”. Invece, lo studente in Germania produce. L’impostazione dei seminari (classi con un numero ristretto di partecipanti) prevede tanto lo studio teorico quanto la sperimentazione pratica.

La studentessa parla della sua esperienza all’università tedesca:

Da studentessa di Lingue Straniere, ho seguito in Erasmus un seminario sull’analisi della comunicazione orale. All’inizio del corso il docente presenta il programma affidando ad ogni studente un argomento. Nella data accordata, lo studente presenta alla classe il tema che ha approfondito personalmente e se ne discute. Con l’obbligo di frequenza si garantisce che ogni studente partecipi attivamente alle discussioni che si tengono in classe. Acquisiti così i mezzi teorici con cui lavorare, si passa all’applicazione. Dopo una serie di esercitazioni durante il seminario, in una piccola tesi finale è richiesto di registrare e analizzare personalmente dialoghi che possono essere interessanti  per considerazioni linguistiche. Per questo seminario, i migliori “Hausarbeit” (le tesi) sarebbero stati selezionati dal docente per essere presentati in una prossima conferenza di esperti in materia.

Gli insegnamenti ricevuti

In quell’occasione l’elaborato di Mara era stato semplicemente archiviato. Ma ha imparato tanto, soprattutto ad approcciarsi al da linguista. Partecipando attivamente ai dibattiti su definizioni e metodi. Imparando ad utilizzare software dedicati per interpreti. Ha avuto modo di lavorare sui metodi di trascrizione dei dialoghi orali e tanto altro ancora.

Per ogni seminario frequentato, erano previsti tanto l’approfondimento personale di un argomento del programma e la relativa relazione finale, quanto la produzione di una tesi o di un lavoro di gruppo.

Durante il corso di studio a Lingue e Letterature straniere, invece, non era mai prevista una preparazione di un testo scritto, di uno studio personale, se non per la tesi finale. Il merito degli studenti è valutato solo con prove estemporanee, in cui tanto la fortuna quanto la “simpatia” del docente giocano un ruolo fondamentale.

Personalmente preferisco il tipo di insegnamento che “semina” le conoscenze e le fa germogliare, piuttosto che quello made in Italy che ci “riempie” di conoscenza troppo spesso fine a se stessa.

Università e lavoro

Ma non è tutto. Periodicamente l’università in Germania è sede di vere e proprie fiere del lavoro. Questi open day rappresentano una porta di contatto tra gli studenti che cercano e le aziende che offrono lavori, stage, tirocini. Nei giorni prima della fiera sono distribuiti dei libretti che illustrano lo svolgimento della fiera, le aziende o gli istituti che vi partecipano, i consigli per una buona candidatura. Registrandosi online e senza costi, laureati, laureandi e studenti hanno la possibilità di partecipare, rendersi conto di ciò che il mercato del lavoro offre per loro, candidarsi esibendo se necessario i lavori e gli studi compiuti nei seminari e ottenere un colloquio di lavoro. 

Università e lavoro si trovano su un’unica traiettoria. La possibilità di lavorare nel settore per cui si studia non rimane un’utopia o un terno a lotto come accade invece in Italia.

Dopo l’Erasmus

Oggi Mara si trova ancora a Berlino. Non per motivi di studio, ma legata da un impegno lavorativo che la appaga e la soddisfa.

La mia esperienza Erasmus si è conclusa ormai da alcuni mesi, ma sono rimasta a Berlino perché legata al lavoro che ho trovato grazie ad uno di quegli annunci che riempiono le bacheche delle università. Aiuto una bambina italiana, la cui famiglia si è trasferita a Berlino, a imparare il tedesco, l’inglese e a svolgere i compiti che le vengono assegnati a scuola. Oltre a svolgere un lavoro inerente ai miei studi, che mi appaga, ho potuto conoscere anche il sistema scolastico tedesco e paragonarlo a quello italiano, ma questa è un’altra storia. Tuttavia, anche quest’ultimo confronto, mi ha portato a riflettere sul fatto che il sistema d’istruzione italiano presenti delle pecche dalla scuola elementare all’università.

Sebbene debba tornare in Italia periodicamente per sostenere gli ultimi esami, ha comunque intenzione di rimanere a Berlino. Da studentessa di Lingue Straniere, ha ricevuto lì le soddisfazioni professionali e le capita spesso che degli amici italiani le chiedano di fare da interprete o traduttrice. Il suo attuale lavoro va a gonfie vele

Un confronto che lascia l’amaro in bocca

“Con ciò non voglio dire che in Italia si viva male, e che la Germania sia il Paese dei Balocchi. In ogni luogo ci sono aspetti di cui godere e altri di cui lamentarsi, ma per me questo non è il periodo di crogiolarmi al sole, davanti ad un buon pasto, con i miei amici e la famiglia. Questo per me è il periodo di apprendere, di battere il ferro per forgiare chi sarò domani. E, almeno per ora, in Italia vedo tanto mare, ma non pesci da prendere”.

Un confronto impietoso per gli studenti italiani. Costretti sempre di più a fuggire altrove per trovare lavoro dopo un percorso di studi faticoso e impegnativo che, però, non spalanca le porte al futuro lavorativo. Speriamo che il racconto di Mara e l’esempio delle università tedesche possano fornire elementi utili e stimolanti ad un’innovazione profonda del sistema scolastico e universitario italiano. Per evitare la tanto discussa “fuga dei cervelli” e permettere agli studenti di rimanere nella propria terra, accanto alle proprie famiglie, con un lavoro appagante e soddisfacente.


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