Home

Zona rossa, le angosce del proprietario del Bar Massaro: “Che ne sarà di noi?”

Il virus economico che colpisce Palermo. La città, a causa dell’alto numero di contagiati, starà in zona rossa fino al 22 aprile. Proprio questa precarietà sulle aperture ha messo e mette in ginocchio l’economia attiva della città, di cui uno dei simboli di certo è il bar Massaro, in via Ernesto Basile, di fronte l’Università di Palermo.

Da anni il bar Massaro fa godere i palermitani con la sua pasticceria, con le sue arancine, rigorosamente a burro e a carne, e con tutta la sua gastronomia di qualità. Attraverso un post Francesco Massaro, il proprietario del bar, spiega tutte le angosce sul futuro, su come pagare i tanti lavoratori di via Ernesto Basile, per non lasciarli a casa. Per il proprietario ognuno di loro è una risorsa indispensabile all’interno dell’azienda. Con ognuno di loro si è creato un rapporto di stima e amicizia, oltre che lavorativo.

Il post di Francesco Massaro per il Bar Massaro

Il 31 marzo sono scaduti i contratti di Michele, Manuel, Marika e Patrizia. Intuendo come sarebbe finita non li ho rinnovati. Ho chiamato i ragazzi e gliel’ho detto. Ci sono rimasti male ma capiscono.

Gli altri lavorano male. Male nel senso che non sono tranquilli, non sanno cosa li aspetta, come me. Alessandro è un ansioso cronico, mi guarda come per cercare risposte che non ho. Silvia è rientrata da poco dalla cassa integrazione, ha due figli piccoli, uno l’hanno operato la settimana scorsa, mi ha chiesto tre giorni di ferie e l’ha fatto quasi con vergogna, “capisco la situazione ma mi servono”. Non ha neanche finito di parlare, “vai da tuo figlio e fottitene del bar”.

Giovanni è un bravo pasticciere, lavora con noi da tre settimane, oggi mi ha chiesto “che facciamo?”; “tu intanto continua, poi vediamo”. Voi non lo sapete, ma “poi vediamo” è la mia frase preferita, la uso per tutto, non ho idea delle cose e dico “poi vediamo”. È una sorta di sospensione dal tempo e dalle responsabilità, dalla necessità sfiancante di dover prendere decisioni immediate sempre e comunque, è l’illusione di mettere in stand by il cervello per un’ora o un giorno. Poi vediamo.

Riccardo fa il gastronomo e il pasticciere all’occorrenza, ieri mi ha detto “se devi scegliere qualcuno da mettere in cassa integrazione scegli me, sono giovane, non ho famiglia, posso aspettare”.

Baldo è un mulo, gran lavoratore, è lui che fa i pezzi di rosticceria. L’anno scorso ha fatto un bel po’ di cassa integrazione, per ora se posso salvarlo lo salvo. Emanuele è riuscito ad ottenere un mutuo il mese scorso, dopo due anni di battaglie con la banca. Se lo licenziassi sarebbe nei guai. Ma non lo licenzio per due motivi: il primo è che non lo licenzio, il secondo è perché è un bravo pasticciere e l’anno scorso, primo lockdown, mi ha tenuto in piedi il laboratorio assieme a Michele, che è impiegato ma anche amico, anzi forse più amico.

Alessandro è rientrato a lavorare il mese scorso dopo un anno di pausa, è uno di quelli che dove lo metti sta, banconista, all’occorrenza fattorino. Che faccio, lo rimetto di nuovo in pausa?

Maurizio è con me da vent’anni, è in cassa integrazione da due mesi, oggi pomeriggio mi ha scritto, “sei pazzo, vero?”. Mi conosce, quando sono alla cassa con lui mi diverto e non vi dico perché.


Leggi anche

Covid: è morto il Prof. Ferrante, il cordoglio degli studenti Unipa


Stefano è l’economo, un mese fa mi ha detto “se devo farmi da parte dimmelo che lo faccio, se per ora non hai i soldi per pagarmi va bene lo stesso”. Sono cose importanti, preziose. Ma Stefano è un punto fermo, come Rosy, cassiera e banconista. Ogni tanto mi fa incazzare perché se le cade il mondo addosso lei si sposta e non si scompone. Ma è seria e affidabile.

Giuseppe faceva il banconista ma da due mesi l’ho messo in cucina a cucinare. È bravo, ha volontà, Michele l’ha messo sotto la sua ala ed è contento, guai a chi glielo tocca.

Giuseppe, un altro, me lo tengo anche se è juventino perché è uno di quei jolly di cui ogni azienda ha bisogno. Anche a lui è scaduto il contratto il 31 marzo, la mattina è entrato nella mia stanza e mi ha detto “che facciamo, ci fermiamo?”. È uno di quelli che capisce. Ma per ora non lo fermo. Come non fermo Salvatore, eterno part time perché preferisce così. Ha due figlie che vivono a Bergamo e capisco che gli mancano e se potesse mollerebbe tutto per raggiungerle.

Gianluca parla poco e lavora molto, anche lui è stato fuori un anno ed è rientrato alla fine dell’anno scorso, rosticciere e pasticciere quando serve. Quindici anni fa, quando arrivò, faceva il fattorino. Oggi è una delle colonne del laboratorio.

Poi ci sono Shara, odi et amo, e Daniela, stanno entrambe in amministrazione e mi diverto a dire a tutte e due che non fanno niente e che lavorare è un’altra cosa, mi piace dirglielo perché so che si incazzano; poi ancora Stefania, fa un po’ di tutto, soprattutto la cassiera da qualche mese. Non ama farlo ma capisce e si adatta. Le è morto il padre il mese scorso, fa la spola ogni giorno con Termini Imerese per non lasciare sola la madre.

Mi guardavano tutti, oggi, e chiedevano senza chiedere. Che ne sarà di noi? Rispondo nell’unico modo che conosco, intanto domani alle 6 apriamo e poi si vede, ma mettetevi in testa che noi siamo il bar Massaro, non moriremo mai.


Leggi anche

L’appello dei medici ai cittadini: “Accettate qualsiasi vaccino vi venga proposto”


Condividi

Post correlati

A proposito dell'autore

Mi chiamo Morana Alessandro, classe 2000, palermitano. “non aver paura di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”