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Nessuna Regione è Covid free. In Italia un morto su 5 era affetto da demenza

Da quanto emerge dal report dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e del ministero della Salute, sull’andamento dell’epidemia di Covid-19 in Italia nella settimana dal 31 agosto al 6 settembre, con dati aggiornati all’8:

Il virus oggi circola in tutto il Paese. 

Dieci regioni hanno riportato un aumento nel numero di casi diagnosticati rispetto alla settimana precedente, che non può essere attribuito unicamente a un aumento di casi importati da Stato estero

In quasi tutte le regioni continua ad essere segnalato un numero elevato di nuovi casi e si osserva sostanzialmente un trend in aumento da diverse settimane.

Focolai sono riportati nella quasi totalità delle province riflettendo una circolazione del virus su tutto il territorio italiano. Questo – spiegano gli esperti – deve invitare alla cautela in quanto denota che nel Paese la circolazione di Sars-CoV-2 è sempre più rilevante.


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E infatti anche nell’ultima settimana di monitoraggio sono stati diagnosticati nuovi casi di infezione in tutte le regioni.

Il 37% è stato identificato tramite attività di screening, mentre il 31% nell’ambito di attività di contact tracing. I rimanenti casi sono stati identificati in quanto sintomatici (27%) o non è riportata la ragione dell’accertamento diagnostico (5%).

Quindi, complessivamente, “il 68% dei nuovi casi sono stati diagnosticati grazie alla intensa attività di screening e alla indagine dei casi con identificazione e monitoraggio dei contatti stretti”.

In Italia un morto su 5 era affetto da demenza

Un morto di Covid-19 su 5 in Italia era affetto da demenza.

Il dato emerge da uno studio promosso da Alzheimer’s Disease International che ha analizzato l’impatto della malattia provocata dal coronavirus Sars-CoV-2 su questa categoria di pazienti nei mesi dell’emergenza sanitaria.

Il lavoro ha coinvolto 9 Paesi tra cui l’Italia (gli altri sono Regno Unito, Spagna, Irlanda, Australia, Stati Uniti, India, Kenya e Brasile).

I tassi di mortalità risultano molto alti fra le persone con demenza.

Si parla, spiega la Federazione Alzheimer Italia rappresentante di Alzheimer’s Disease International per il Belpaese, del 25% in Inghilterra e Galles, del 31% in Scozia e del 19% in Italia.

“Questi dati confermano quanto alta sia stata la percentuale di decessi correlati al Covid-19 di persone con demenza ospiti nelle strutture assistenziali”, spiegano gli esperti. 

L’età è il principale fattore di rischio per la demenza e gli anziani sono il gruppo più a rischio di contrarre il virus: conferma ne è il fatto che l’86% dei decessi per Covid-19 riguardano soggetti over 65.

L’impatto della pandemia, segnala la Federazione, è stato estremamente drammatico anche per le persone con demenza in assistenza a ‘lungo termine’: a causa del virus “hanno avuto accesso limitato alle cure mediche e assistenziali, perso la quotidianità del contatto umano, le diagnosi sono state sospese e così anche la ricerca, tutti fattori che hanno peggiorato la qualità della loro vita”.


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Per Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia è ora di analizzare i bilanci: “Abbiamo vissuto mesi drammatici in cui sono stati commessi errori e i numeri ce lo confermano: 1 su 5 decessi da Covid-19 riguardano persone con demenza.

Abbiamo l’obbligo morale di analizzare questi dati per capire cosa è successo ed evitare che accada di nuovo”.

I dati sull’Italia sono stati raccolti da uno studio realizzato dall’Istituto superiore di sanità, anche se mancano ancora dati definitivi sui contagi nelle Rsa e sull’impatto sui caregiver, anch’essi pesantemente coinvolti nella pandemia.

“Ma accanto agli aspetti più dolorosi, abbiamo tanti esempi virtuosi: cito, ad esempio, le associazioni locali e le Comunità amiche delle persone con demenza che da subito si sono attivate creando una rete di protezione solidale per i malati e i familiari.

E’ da queste esperienze che dobbiamo ripartire”, dice Salvini Porro. (adkronos)


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